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Camusso: “la ricetta è la stessa da sei anni. Da Renzi solo parole”

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Settembre 8, 2014

Camusso_4Camusso: “la ricetta è la stessa da sei anni. Da Renzi solo parole”

06/09/2014 Intervista al Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso su ‘la Stampa’

«Il cambiamento c’è solo nelle parole. Nei fatti, ci sono i tagli lineari, gli interventi sul mercato del lavoro, il blocco dei contratti».

Segretario Camusso, dunque concorda con chi dice che siamo tornati all’Agenda Monti?

«È l’agenda di Monti, ma anche quella di Tremonti nel 2010, quella della lettera della Bce nel 2011, e poi quella di Letta. La solita ricetta: per trovare risorse in fretta taglia dove è facile colpendo “i soliti noti”. Il Paese invoca il cambiamento; a parole se ne offre tantissimo, quando si tratta delle condizioni materiali della gente la distanza è stellare».

Forse anche Renzi si trova come i suoi predecessori spalle al muro, tra vincoli europei e conti pubblici precari.

«Allora dovrebbe dire le cose come stanno, non fare mille annunci cui non si dà mai seguito. Non si dovrebbe parlare, per il pubblico impiego, di qualità e selezione della spesa, e poi bloccare i   contratti, tornare a un taglio lineare della spesa dei ministeri del 3%. Si continua a pensare che è più facile togliere ai lavoratori dipendenti e ai pensionati, e non mettere mano alle distorsioni del Paese. Si parla di ripenalizzazione del falso in bilancio? Si rimanda di un anno. I contratti pubblici, invece, li bloccano subito. Come se fosse normale pensare che i salari debbano sempre diminuire. Di lotta all’evasione fiscale com’è che non se ne parla più?».

Il premier però assicura: se si continua sulla linea delle riforme, i frutti positivi arriveranno.
«Sì? Dove, come, quando? La verità è che oggi si prosegue su una politica che fondamentalmente è la stessa seguita dal 2008, e che ha soltanto aggravato la crisi. Va avanti da anni, e i risultati li vediamo, su salari, lavoro, deflazione, recessione. Non è “colpa di Renzi”, visto che va avanti da sei anni; diventa colpa sua se si ostina a continuare sulla stessa linea. Gli 80 euro sono stati un’ottima cosa, ma non possono essere uno specchietto per le allodole che nasconde precarizzazione e impoverimento di lavoratori, pensionati e ceto medio. Se il premier boccia l’austerità in Europa, poi però a casa nostra la pratica in modo impeccabile. Dovrebbe provare, sia pure con gradualità, delle politiche nuove. L’unico cambiamento vero rispetto agli altri governi, pare la scelta di non dialogare più con le parti sociali…».

Escluso il leader Fiom Landini…

«È una evidente scelta strumentale, non è ovvio?»

Ma il governo incontrerà i poliziotti che protestano, ha annunciato.

«Se si dice “ti incontro, ma non accetto ricatti”, significa che si considera un “ricatto” la semplice proclamazione di uno sciopero da parte di un sindacato. È bene che il governo incontri i rappresentanti delle forze di polizia; deve far qualcosa anche per gli altri lavoratori però, perché il sindacato difenderà il diritto di tutti alla contrattazione. Non cadiamo nel vecchio giochino della contrapposizione. La conosciamo bene la storia che per aiutare i precari bisogna togliere tutele agli altri. Sono 20 anni che si tolgono diritti, e per i precari non c’è mai nulla. Anche qui bisognerebbe cambiare ricetta. Il presidente del Consiglio pensa che bisogna dare tutele a chi non ne ha? Lo faccia, a cominciare dalla maternità per tutte, dalla retribuzione giusta, dalla non discriminazione. Renda cioè i diritti del lavoro universali».

Il «Jobs Act» vi piace o no?

«Per ora ci sono solo titoli molto generici, di cui alcuni ovviamente condivisibili. Ma intendiamoci: se si dice contratto a tutele crescenti e progressive, se si tolgono di mezzo le mille fattispecie precarie va bene. Se si vuole come chiede il Nuovo Centrodestra eliminare l’articolo 18, togliere il divieto di demansionamento, ammettere il controllo a distanza dei lavoratori, è cosa molto diversa. E noi non ci staremo. È un confronto per noi davvero difficile, mai davvero serio e concreto: sono o decreti legge “chiusi” e intoccabili, oppure deleghe al governo i cui provvedimenti attuativi si vedranno chissà quando. Posso dire che alcune delle intenzioni dichiarate dal presidente del  Consiglio sono la semplice prosecuzione di politiche passate. E visto il disastro in cui siamo, è evidente che sono politiche sbagliate».

Non c’è proprio nulla che salva dell’operato del governo?

«Bisogna riconoscere che molto è stato fatto per accelerare l’apertura dei cantieri e lo sblocco degli investimenti per infrastrutture. Dopodiché questa è solo la conferma di investimenti già decisi. E il patto di stabilità interno continua a bloccare piccole opere utili dei Comuni. Anche sulle strategie di politica industriale delle imprese pubbliche non si dà alcuna indicazione di sviluppo. In piena continuità con i governi Berlusconi, Monti e Letta».

I dati negativi su Pil e disoccupazione sono stati una bella doccia fredda per Renzi. Vedete un premier in perdita di consensi?

«Non me lo auguro. Non siamo “gufi”. Il presidente del Consiglio ha rappresentato una novità importante per tanta parte del Paese. Io chiedo solo che faccia davvero il cambiamento che annuncia, che tiri il Paese fuori dalla crisi. La recessione e la deflazione non sono “colpa sua”, che sta lì da pochi mesi. Ma lo diventano se continua con le stesse ricette sbagliate che ci hanno portato lì».

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