cgil siena

« | Home | »

Tutti gli errori del Jobs Act

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Gennaio 23, 2015

Tutti gli errori del Jobs Act

23/01/2015 da www.cgil.it

Sorrentino a Radioarticolo1: “Con il decreto sul contratto a tutele crescenti si stanno riducendo i diritti dei lavoratori. Di fatto il contratto a tempo indeterminato diventa precario”. No anche alla nuova Aspi: “Assegni più magri per i disoccupati”

Giovani_ombrelli_JobsActIl Jobs Act, come è noto, è all’esame della commissione Lavoro del Senato, sede in cui vanno avanti anche le audizioni con le parti sociali. Nell’incontro avuto con i parlamentari, la Cgil ha ribadito i suoi rilievi fortemente critici sui primi due decreti attuativi. “Abbiamo chiesto ai senatori di bloccare il provvedimento che riguarda i licenziamenti così come è stato costruito nel contratto a tutele crescenti, anche perché non c’è nessuna previsione di quali siano queste tutele crescenti – ha detto questa mattina a Radioarticolo1 Serena Sorrentino (qui il podcast), segretaria confederale Cgil –. In realtà si sta riformando il contratto a tempo indeterminato rendendolo, di fatto, un contratto più precario. Nel provvedimento, infatti, c’è un’assimilazione nel trattamento dei licenziamenti legittimi e di quelli illegittimi, sia individuali che collettivi. Inoltre, il giudice non potrà intervenire neanche nella valutazione della proporzionalità della pena in caso di licenziamento disciplinare. In sintesi, si stanno riducendo fortemente i diritti e le prerogative dei lavoratori in caso di licenziamento, soprattutto illegittimo, e non c’è nessuna forma di tutela come compensazione”.

Non solo. L’articolo 7 del decreto sul contratto a tutele crescenti, sottolinea la sindacalista, “prevede, nel caso di successione di appalto, che la stipula di un nuovo contratto comporti il passaggio di tutti i lavoratori nella nuova disciplina del contratto a tutele crescenti, rendendo così, di fatto, la norma retroattiva. Questi elementi non solo vanno cancellati, ma chiediamo che sia costruito un contratto a tutele progressive che sia un vero contratto a tempo indeterminato, prevedendo tutte le tutele rispetto al diritto al reintegro in caso di licenziamenti senza giusta causa. Inoltre, sia nel caso dei lavoratori degli appalti, sia in quello dei licenziamenti collettivi non devono essere introdotte norme peggiorative rispetto alla condizione attuale. Per tutte queste ragioni, il decreto è per noi inemendabile. L’obiettivo vero è quello di cancellare il contratto a tempo indeterminato come forma di rapporto stabile e standard”.

Non meno tenero il giudizio della Cgil sul secondo decreto, quello sul riordino degli ammortizzatori sociali che, nelle promesse del governo, dovrebbe dare più garanzie a tutti. “Ma non è così – ha detto Sorrentino a Radioarticolo1 –. Intanto la nuova Aspi ricalca più o meno il perimetro della vecchia Aspi. L’assicurazione sociale per l’impiego non prevede un’estensione alla altre platee di lavoratori se non per l’unico dato, che noi giudichiamo positivo, che riguarda i criteri di accesso non più computati solo in settimane: rimangono le tredici settimane contributive come soglia di accesso, ma, anziché essere riferite al biennio precedente, sono rapportate al quadriennio precedente. In subordine c’è anche una condizione che noi avevamo auspicato, e cioè quella del computo delle 30 giornate di lavoro nei 12 mesi antecedenti, aspetto che quindi consente a una platea leggermente più ampia della vecchia Aspi di rientrare nella nuova indennità di disoccupazione”.
C’è però un’altra faccia della medaglia: “Si era tanto detto che questa sarebbe stata una misura universale, e quindi auspicavamo che fosse estesa a tutti i lavoratori discontinui e precari, invece ora vediamo che si è introdotta la cosiddetta Discol, cioè una disoccupazione speciale per i collaboratori che assorbe la vecchia una tantum, non ha copertura previdenziale figurativa e, in più, il requisito di accesso prevede che almeno nell’anno in cui si fa la domanda si abbiano maturato due mesi di contribuzione effettiva per accedere alla misura”. Inoltre, attacca la Sorrentino, anche nell’erogazione della nuova Aspi (cioè la Naspi) assistiamo a delle riduzioni: “Dal quarto mese di percepimento dell’assegno inizia un decalage del 3% al mese. Alla fine i lavoratori vedranno una diminuzione totale dell’assegno del 42%. Insomma, le risorse messe a disposizione dal governo per la tutela della disoccupazione involontaria sono state solo rimodulate, senza una reale estensione, ma adattando una coperta corta a una platea leggermente più ampia”.
A questo punto, visto che il parere delle commissioni parlamentari, a cui le parti sociali hanno presentato emendamenti, è solo consultivo ma non vincolante, il governo potrebbe decidere di andare comunque avanti. “Ma sarebbe un’ulteriore rottura democratica – ha detto la segretaria confederale –. In ogni caso non ci rassegneremo, faremo la nostra battaglia e chiederemo comunque alle commissioni di Camera e Senato di correggere, almeno sulla Naspi, alcune delle misure che riteniamo più inique. Sui licenziamenti, invece, chiederemo che siano stralciate dal testo le parti per noi più negative. Se ciò non dovesse avvenire agiremo su due fronti: il ricorso giudiziario e la contrattazione nazionale e aziendale, in modo da recuperare e riconquistare quei diritti che il jobs act sottrae ai lavoratoti”. L’altro fronte aperto è quello della mobilitazione: “Auspichiamo – ha sottolineato la dirigente Cgil – che su tutti i fronti aperti si possa ricostruire un terreno comune con le altre organizzazioni sindacali. Altrimenti la Cgil andrà avanti comunque”.
Le premesse per i prossimi decreti che dovranno dare attuazione al Jobs Act non sono dunque le migliori, a partire dal dichiarato obiettivo di disboscare la platea dei contratti atipici: “Qualche intervento ci sarà – ha concluso Sorrentino – ma non credo nel segno di una reale riduzione della precarietà. Non ci aspettiamo grandi cose, anche in tema di cassa integrazione e contratti di solidarietà. Ma continueremo a lavorare anche in questo caso per ottenere miglioramenti. Ad esempio, l’estensione universale della cassa integrazione, sia ordinaria sia straordinaria, e gli incentivi sui contratti di solidarietà, che pure non sono stati rifinanziati nella legge di stabilità, sono strumenti fondamentali per la tutela dei lavoratori. Non solo: sono stati capaci, in questi anni, di preservare un pezzo di apparato industriale nel nostro paese che non solo va difeso ma che, attraverso investimenti, può in futuro determinare nuova occupazione”.

Argomenti: CGIL |