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Intervista al Segretario Generale della CGIL di Siena Claudio Vigni

By Ufficio Stampa CGIL Siena | Settembre 1, 2009

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Con il mese di settembre riparte un po’ tutto, come vede il Sindacato l’attuale situazione economica ed occupazionale?
La crisi è pesante e si è fatta sentire già nei mesi passati un po’ in tutti i settori e sia nelle grandi aziende che in quelle piccole, fino all’artigianato. Il Governo parla di ‘ripresa’, ma nella realtà, anche se ci sarà, si presenterà più lenta rispetto agli altri Paesi europei e soprattutto c’è ancora il forte rischio di perdere ulteriori numerosi posti di lavoro.

Perché si perderanno posti di lavoro se, come si dice, ci sarà la ripresa?
Semplicemente perché per recuperare la perdita del PIL del 2008 e del 2009 (6/7 punti) occorreranno 5/6 anni e quindi paradossalmente anche nel momento in cui l’economia riprenderà sarà collocata ad un livello molto inferiore rispetto al 2007 e di conseguenza ci sarà meno lavoro da distribuire; gli ammortizzatori sociali stanno poi per finire, molte imprese sono indebolite dalla crisi anche finanziariamente e rischiano ancora di chiudere, i consumi cambieranno.

E tutto questo che effetti avrà nella nostra provincia?
Avrà effetti molto preoccupanti, a partire dall’area dove il peso dell’industria e dell’artigianato è più forte, penso alla Valdelsa. Ma anche nel resto del territorio senese rischiamo di perdere numerosi posti di lavoro e di veder chiudere molte imprese. Tante imprese – e tanti lavoratori – che rischiano di non fare più notizia perché molto piccole, ma la somma dei numeri e l’impossibilità di sbocchi occupazionali avranno conseguenze anche sociali pesanti.

Alcuni dicono che in provincia di Siena le cose vanno meglio che altrove.
La composizione del tessuto produttivo ci espone di meno agli effetti della crisi rispetto ad altri territori con maggiore presenza industriale. Avendo a Siena un ruolo molto importante soprattutto il Pubblico Impiego e la Banca è evidente che la crisi venga un po’ attutita nei suoi effetti negativi, ma non dobbiamo scordarci che anche nella Pubblica Amministrazione ci troviamo di fronte ad una riduzione degli addetti: i tagli al personale della scuola, la stessa Banca MPS che riduce gli organici nelle strutture centrali e poi la crisi dell’Università degli Studi di Siena che è stata solo tamponata ma non certamente risolta. Il peso delle difficoltà si fa sentire anche da noi ed in maniera pesante, basti pensare alla crescita enorme di domande presentate al Microcredito, un segno dei problemi delle famiglie.

A proposito di Università… eppure il Rettore sembrava soddisfatto dell’accordo raggiunto…
Soddisfatti lo siamo un po’ tutti, soprattutto di aver messo una ‘toppa’ ad una situazione che rischiava di non vedere pagati né gli stipendi del personale né i fornitori, ma altra cosa è la soluzione complessiva del problema che a mio avviso deve passare attraverso un piano strategico capace di tenere alto il valore della nostra Università ed al tempo stesso portare in equilibrio i conti. Una riflessione che dopo una prima fase in cui si è teso a minimizzare mi pare stia prendendo corpo anche all’interno del Senato Accademico, tanto che è stata costituita una commissione proprio per predisporre un progetto.

Tornando alla crisi generale…
Quello che ci preoccupa è che perderemo altri posti di lavoro e coloro che resteranno disoccupati ed i giovani che si affacciano al mondo del lavoro avranno poche opportunità di trovare un’altra occupazione o addirittura la prima.

Cosa propone quindi il Sindacato?
Intanto da diversi mesi stiamo facendo una battaglia di trincea per resistere alla chiusure ed ai licenziamenti e per sostenere ed aiutare i lavoratori coinvolti dalla crisi. E a coloro che sono critici in merito all’azione del Sindacato vorrei domandare loro cosa sarebbe successo senza questo lavoro capillare e di contrasto che portiamo avanti insieme alle RSU (Rappresentanze Sindacali Unitarie) ed ai lavoratori… quanti disoccupati in più avremmo oggi? E comunque dobbiamo avere più strumenti a disposizione per superare questo difficile momento – mi riferisco naturalmente agli ammortizzatori sociali – e tutti devono lavorare da subito per gettare le basi per un nuovo sviluppo.

Ma sugli ammortizzatori sociali il Governo aveva stanziato fondi ingenti?
I fondi stanno per finire, come in molti casi sta finendo la cassa integrazione nelle aziende con la conseguenza di vedere licenziare i lavoratori. Ma poi c’è anche un problema di importi percepiti. Chi si trova con 700/750 euro in CIG (Cassa Integrazione Guadagni) come fa a sostenere il peso dei costi di una famiglia? E poi ci sono persone che stanno anche peggio. Mi riferisco a chi riceve solo la disoccupazione o addirittura a chi non ha diritto a nulla. Pensi che grazie all’accordo che abbiamo fatto con l’Amministrazione Provinciale verrà data un’indennità a 438 persone che hanno perso il lavoro e che non avevano diritto a niente. Grazie a questo accordo abbiamo sopperito con risorse locali a quello che dovrebbe fare il Governo… E questo riguarda solo Siena, a Firenze, Arezzo, Grosseto,… si perde il lavoro e non c’è nessuna protezione.

Malgrado questo la Lega Nord ha attaccato l’accordo.
La Lega non può far finta di non essere al Governo, al Governo c’è ed è lì che dovrebbe chiedere un intervento forte ed equo sugli ammortizzatori sociali, occorrono norme universali che diano garanzie e diritti a tutti i lavoratori. Ma forse in realtà sono più interessati al “Nabucco” che ai problemi dei lavoratori… Su questi temi le nostre possono essere delle esperienze ‘pilota’, ma l’obbiettivo deve rimanere quello di estendere a tutti questi diritti.

Prima ha parlato di un nuovo sviluppo.
Sì, io credo molto nello sviluppo sostenibile, sia sociale che ambientale. Come ho detto prima molti consumi cambieranno e noi dobbiamo investire e sviluppare nuovi ambiti, a partire dalla cultura, dal sapere, dalla ricerca scientifica, dalla formazione continua. E poi creare nuove infrastrutture, delle quali siamo molto carenti. Soprattutto dare impulso alle fonti rinnovabili; su questo abbiamo insistito molto perché il nostro territorio si facesse promotore di un’azione che va dalla ricerca alla produzione e all’istallazione di fonti rinnovabili. E’ evidente che politiche di questo tipo hanno bisogno di scelte chiare in questa direzione da parte del Governo centrale, ma noi potremo produrre esperienze importanti grazie al fatto che abbiamo una grande Banca che può favorire chi vuole investire in questo territorio e la Fondazione MPS che può mettere a disposizione risorse nella ricerca in questo settore anche attraverso un’azienda strumentale.

A proposito di Fondazione MPS… c’è stata un po’ di polemica, ora le nomine sono state fatte, cosa ne pensa?
Non ho elementi per giudicare a priori tutte le persone nominate e per dire se potevano essercene altre con esperienze e competenze migliori. A noi interessano i contenuti, le strategie, quale contributo la Fondazione MPS darà per questa collettività a partire dalle risorse che in questa crisi dovranno essere destinate prioritariamente al sostegno sociale ed allo sviluppo. Quelle polemiche dovrebbero insegnarci a mettere di più al centro i contenuti, pena il distacco dei cittadini dalla politica e dalle istituzioni. Credo che tutti dobbiamo impegnarci per riavvicinare le persone alla politica, quella nobile, di servizio verso gli altri, che produce soluzioni e prospettive, che media i conflitti e garantisce pari opportunità. Di questa politica abbiamo un grande bisogno ad ogni livello, perché se manca se ne avvantaggiano i poteri costituiti e ci perdono i cittadini, a partire dai più deboli.

Siena, 31 agosto 2009

Argomenti: CGIL |

Tabelle paga cemento settembre 2009

By Ufficio Stampa CGIL Siena | Settembre 1, 2009

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Argomenti: CGIL, FILLEA, servizi, tabelle paga, Ufficio vertenze |

Tabelle paga meccanici industria settembre 2009

By Ufficio Stampa CGIL Siena | Settembre 1, 2009

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Argomenti: CGIL, FIOM, servizi, tabelle paga, Ufficio vertenze |

Tabelle paga meccanici Confapi settembre 2009

By Ufficio Stampa CGIL Siena | Settembre 1, 2009

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Argomenti: CGIL, FIOM, servizi, tabelle paga, Ufficio vertenze |

Tabelle paga legno industria settembre 2009

By Ufficio Stampa CGIL Siena | Settembre 1, 2009

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Argomenti: CGIL, FILLEA, servizi, tabelle paga, Ufficio vertenze |

Tabelle paga lapidei industria settembre 2009

By Ufficio Stampa CGIL Siena | Settembre 1, 2009

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Argomenti: CGIL, FILLEA, servizi, tabelle paga, Ufficio vertenze |

Tabelle paga cooperative di consumo settembre 2009

By Ufficio Stampa CGIL Siena | Settembre 1, 2009

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Argomenti: CGIL, FILCAMS, servizi, tabelle paga, Ufficio vertenze |

Tabelle paga commercio settembre 2009

By Ufficio Stampa CGIL Siena | Settembre 1, 2009

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Lo SPI CGIL Siena interviene su servizi sanitari e liste d’attesa

By Ufficio Stampa CGIL Siena | Agosto 31, 2009

Osservando il dibattito riportato dalla stampa locale sui sevizi sanitari e sulle lista di attesa per alcune specialità, viene in mente qualche riflessione e anche qualche domanda.
Obiettivamente va dato atto al Servizio sanitario in provincia di Siena di aver raggiunto un buon livello qualitativo e quantitativo a dispetto anche della diminuzione delle risorse spesso operata dai governi nazionali. Pur partendo da questa premessa rimangono ancora limiti e difficoltà che non si riesce a superare, come il tema delle liste di attesa per alcune specialità. Terreno questo molto sensibile per le persone che hanno necessità di conoscere le loro condizioni di salute perché poi il medico possa eventualmente definire una diagnosi ed un’eventuale cura. Va da sè che esiste anche un aspetto di eguaglianza da sottolineare che riguarda quei soggetti più deboli economicamente, come pensionati, disoccupati, famiglie con basso reddito, che non si possono certo permettere prestazioni fuori dal Servizio sanitario pubblico.
Da una visita al sito web dell’Azienda ospedaliera si può notare come al 3 di luglio (data ultima di aggiornamento) vi siano circa 20 esami che vanno oltre i 60 giorni di attesa. Nel sito web della Asl 7 di Siena non è presente invece nessuna lista, ma ci risulta che nelle zone qualche problema vi sia. Vale allora la pena chiedersi perché ancora oggi vi siano ancora così lunghe liste di attesa nell’Azienda Ospedaliera.
Credo che la domanda non sia retorica e che meriti una risposta dai vari soggetti che ne sono responsabili. In primo luogo il Direttore dell’Azienda ospedaliera. Magari sarebbe interessante sapere come si sono sviluppate le liste di attesa nel tempo (più esami locali, più esami fuori provincia) e cosa è stato fatto per andare ad una progressiva riduzione. Magari sarebbe utile conoscere quanti appuntamenti vengono soddisfatti nell’arco della giornata e con quanto personale. Magari sarebbe utile sapere quanto è il grado di utilizzo dei macchinari utili alle indagini. Come un certo interesse lo riveste il rapporto quantità e tempo tra attività di istituto e di intra-moenia (ovvero: cosa si è fatto per ridurre le prestazioni a pagamento ed aumentare quelle pubbliche?). E poi le prestazioni che sono segnalate dal medico curante come urgenti: quante sono e come sono gestite? A questo magari si aggiunge l’utilizzo delle agende per le prenotazioni: ad oggi quante sono le prestazioni ancora non sotto Cup? Perché ancora oggi permangono prestazioni che si prenotano in reparto? Ed ancora, se le prestazioni intra-moenia sono tariffate diversamente rispetto a quelle delle Asl limitrofe o a strutture private ciò a cosa è dovuto?
La recente affermazione dell’Assessore regionale Rossi circa la disponibilità a dare contributi per l’assunzione di personale lascia qualche ulteriore domanda. Siamo sicuri che solo con l’assunzione di altro personale si risolvono tutti i problemi? Se cosi fosse perché fino ad adesso non si è provveduto? Ma manca personale medico, oppure non medico, o entrambi? Ma siamo veramente sicuri che non vi sia anche un problema di come l’organizzazione del lavoro è strutturata e di quanti ambulatori ancora ci sono?
Anche dai livelli istituzionali ci si attenderebbe qualche risposta in più. La programmazione derivante dalle leggi regionali prevede che si debba realizzare attraverso un complesso meccanismo di azioni mirate concertate tra Aziende sanitarie e Comuni il governo della domanda dei servizi socio sanitari sul territorio. Il tema delle liste di attesa come è stato affrontato? Quali azioni erano state previste visto che non è un problema che nasce oggi? Ed ancora, le Istituzioni locali hanno vigilato su tale fenomeno? Quale coerenza c’è con quanto scritto nei Piani attuativi sanitari provinciali e nei Piani integrati di salute che sono stati approvati? Perché il livello del confronto con gli attori sociali a partire dal Sindacato è stato ridotto, mentre può rappresentare per le Istituzioni un importante momento di conoscenza, confronto e magari condivisione degli obiettivi di salute? E poi, se i soldi in più che sono stati distribuiti negli anni scorsi alle Aziende sanitarie senesi (circa 60 milioni di euro?) sono stati oggetto di controllo e di verifica da parte delle Istituzioni, è lecito sapere se tutti i risultati di miglioramento dei servizi che erano attesi sono stati soddisfatti ad iniziare dalle liste di attesa?
Aggiungo, con molta umiltà, che se ci fosse qualche risposta a queste domande forse si potrebbe fare qualche passo in più sulla strada dell’ulteriore riduzione delle liste di attesa e per tale via migliorare ancora la qualità del servizio sanitario nella nostra provincia e così la vita delle persone.
                                                  Franco Baroni, Segretario Generale Spi-Cgil Siena
Siena, 31 agosto 2009

Argomenti: pensionati, sanità, SPI |

Epifani: “Ma quali utili, contro la crisi serve una task force”

By Ufficio Stampa CGIL Siena | Agosto 31, 2009

Ma quali utili, contro la crisi serve una task force
30/08/2009 Il leader della CGIL: «Non è questa la priorità quando le aziende chiudono. Ci sono 400 vertenze aperte senza soluzioni. I casi Innse? Il sindacato c’è»
Intervista a Guglielmo Epifani.

Quattrocento vertenze aperte solo sui tavoli nazionali «ma nessuna risposta», osserva il leader della Cgil Guglielmo Epifani. «Il governo crei una task force per coordinarli, per parlare alle imprese e scegliere. I problemi non si risolvono con la filosofia né con i rinvii».

Sarà un autunno «freddo» sotto il profilo dell’occupazione, ora lo riconosce anche il governo. Eppure si parla d’altro, ad esempio di partecipazione dei lavoratori agli utili di impresa. Le sembra congruo?
«Nessuno mette più in dubbio che avremo un autunno e un inverno molto difficili per il lavoro e l’occupazione, perché più si allunga la crisi per l’assenza di domanda, e più le aziende vanno in difficoltà e scaricano i problemi sul lavoro. Questa dovrebbe essere la priorità per tutti, l’obiettivo su cui concentrarsi col massimo della forza. Invece non ci siamo, si è tirato fuori in modo scriteriato e inaccettabile il tema delle gabbie salariali, si ragiona sugli utili ai lavoratori. Onestamente, oltre ad essere temi in sé opinabili, non c’entrano nulla con le vere priorità».

Lei da dove comincerebbe?
«Io ho l’impressione che si ritirino fuori alcuni argomenti per mostrare attenzione verso i lavoratori. Ma la vera attenzione verso i lavoratori oggi è affrontare i nodi della crisi industriale e delle crisi settoriali e dare soluzioni».

Sta dicendo che non è d’accordo con Tremonti?
«Onestamente parlare della partecipazione agli utili aziendali quando le aziende chiudono, non torna. Invece sulla partecipazione, sul sistema duale, sul maggiore coinvolgimento dei lavoratori alle scelte strategiche dell’impresa, la Cgil si è dichiarata da tempo disponibile, tanto più che il liberismo selvaggio ha fallito e non si può tornare ai vecchi schemi di comando. Ma oggi direi che se si vuole fare più partecipazione, le imprese devono stare più attente a non risolvere a modo loro l’uscita della crisi scaricando le conseguenze sul lavoro e l’occupazione, traslocando, delocalizzando, lasciando migliaia di persone in difficoltà. Oggi osservo che la partecipazione vera è quella che si stabilisce tra impresa, lavoratori e sindacati per salvare le prospettive, non per decidere unilateralmente e mettere le persone in mezzo alla strada.

Ma è quello che sta avvenendo.
«Infatti. Mentre in questi 15 mesi di crisi, e io non ho problemi a dirlo, da parte di tantissimi imprenditori c’è stata attenzione forte nei confronti dei lavoratori, ora molti segnali mi dicono che siamo entrati in un’altra fase. Vuoi perché si assume un altro modello organizzativo o perché si sconta il perdurare della crisi di domanda e quindi ci si prepara a un mercato più difficile nel futuro, in molte imprese sta tornando l’idea di ridurre la catena del valore, di cambiare la logica delle forniture e delle subforniture. Quindi di chiudere stabilimenti, e concentrare la produzione altrove».

Ad esempio?
«La chiusura della Cnh di Imola in quel modo, il caso della Lasme di Melfi, quello di Porto Torres, della filiera chimica che non è stato mica risolto, è stato soltanto rinviato. E poi gli interrogativi aperti per gli stabilimenti meridionali della Fiat, l’edilizia ancora parzialmente ferma, mentre i tavoli sul made in Italy non hanno dato nessuna risposta. Abbiamo 400 vertenze in discussione nei tavoli nazionali e quasi ovunque non vedo soluzioni. Siamo entrati in una fase in cui bisogna chiedere al governo di mettere più determinazione nel risolvere i problemi di crisi settoriale o aziendale. Altri governi lo fanno: la Germania con la Opel, gli Usa e la Francia con la politica di sostegno all’auto».

Anche qui sono stati dati incentivi.
«Ma non si sono tratte le conseguenze: se do vantaggi alle imprese devo chiedergli di non licenziare. Potremmo avere la beffa di imprese che chiudono stabilimenti e prendono altri fondi per aprire altri stabilimenti magari nel Nord del paese, non è ammissibile».

E infatti i lavoratori salgono sui tetti per protesta o fanno lo sciopero della fame. Si parla molto della forma, ma non dei motivi della protesta: non è una distorsione?
«Voglio dire proprio questo. Si discute molto di queste forme di lotta che quasi sempre sono assecondate, guidate, definite tra lavoratori e sindacati di categoria con la presenza del sindacato confederale. Ma non ci si pone il problema di quali risposte dare a queste crisi aziendali, come si superano. Per questo chiedo che il governo affronti tutta la partita con maggior consapevolezza: ci vorrebbe una task force che da Palazzo Chigi intervenga e coordini con maggior forza tutti i tavoli aperti. Con i rinvii i problemi non si risolvono. Bisogna parlare con l’Eni per la filiera della chimica; bisogna capire che cosa vuole fare la Fiat, c’è insomma bisogno di un governo che parli alle imprese e scelga. Bisogna passare ai fatti, non possiamo cavarcela con la filosofia».

Invece l’impressione è proprio questa, un fiorire di proposte che non si sa che fine faranno, ma intanto hanno riempito i giornali di agosto.
«Esatto, un effluvio di parole, di costruzioni simboliche, di temi lanciati quando di fronte al cuore della questione, cioè il lavoro e l’occupazione, le condizioni delle famiglie e degli anziani non c’è nulla».

Diceva che il sindacato sta dentro queste nuove forme di lotta. Eppure c’è chi ci vede la negazione del sindacato e chi il superamento, per scarsa incisività, di strumenti come lo sciopero. La sua opinione?
«Non è così, perché all’Innse il sindacato stava dentro e a fianco, a Melfi ugualmente, e così anche a Imola. Vedo in queste forme, che poi ci sono sempre state, il tentativo estremo di rispondere a una prepotenza. Siamo in presenza di chiusure annunciate senza tavoli di confronto e ragionamenti sulle prospettive: è chiaro che il lavoratore esasperato prova a richiamare l’attenzione di una società in cui il tema della centralità del lavoro purtroppo si è persa. Sono peraltro forme di lotta che hanno la caratteristica di rivolgersi contro sé stessi: si fa lo sciopero della fame, si sale sopra una gru, così si denuncia l’intollerabilità della situazione. Sono lotte che chiedono risposte».

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