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Lavoro: dati ISTAT, calo occupazione vera e propria voragine

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Giugno 1, 2011

Lavoro: CGIL su dati ISTAT, calo occupazione vera e propria voragine
L’Istituto nazionale di statistica rileva come a fronte di un leggero calo della disoccupazione diminuisce anche l’occupazione ed aumenta l’inattività. Secondo la Confederazione per invertire il trend sono necessarie “scelte di merito ed un messaggio chiaro: meno precariato, tutele per chi non ne ha e per chi rischia di perderle, politiche industriali e di sviluppo, riforma fiscale a favore del lavoro dipendente e dei pensionati per far ripartire consumi e produzione”
31/05/2011

da www.cgil.it

Ad aprile 2011 cala l’occupazione e aumenta l’inattività, a fronte di una leggera flessione della disoccupazione. E’ quanto emerge dalle stime provvisorie dell’ISTAT, diffuse oggi, su ‘Occupati e disoccupati’ di aprile. L’Istituto nazionale di statistica fa sapere che il tasso di occupazione ad aprile è pari al 56,9%, in calo dello 0,2% su base mensile ed annua. Sono 71mila, infatti, gli occupati in meno (-0,3%) rispetto a marzo, mentre a confronto con aprile 2010, secondo l’Istituto di statistica, l’occupazione resta “sostanzialmente stazionaria” (-0,1%, pari a -30 mila unità).

“Una vera e propria voragine che invece di attenuarsi tende ad assumere carattere di strutturalità”, così il Segretario Confederale della CGIL, Fulvio Fammoni, commenta i dati ISTAT. Dati che, per il dirigente sindacale, evidenziano come “l’occupazione cali ancora, mentre la distanza con gli occupati del primo semestre del 2008, cioè prima della crisi, ritorni a circa 650mila lavoratori in meno”. Fammoni fa notare, inoltre, come il tasso di occupazione scende sotto il 57% e “la nostra distanza con l’Europa, spesso citata a sproposito, si acuisce”, e questo, prosegue il dirigente sindacale “nonostante il bacino degli ammortizzatori sociali, che però, è sempre più precario e a rischio”.

Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, l’ISTAT rileva un leggero calo di 0,2 punti percentuali, passando così all’8,1% dall’8,3% di marzo, mentre su base annua si registra una diminuzione dello 0,6%. Dunque, il numero dei disoccupati, risulta pari a 2,005 milioni, diminuendo del 2,9% rispetto al mese precedente (-60mila unità) e del 7,6% (-164 mila unità) su base annua. Tuttavia, aumenta il tasso di inattività che sale al 38,1%, aumentando dello 0,6% rispetto ad aprile 2010 e dello 0,4% su base mensile. Dai dati ISTAT emerge infatti come gli inattivi, ossia, coloro che non hanno un lavoro e che non lo cercano o non sono disponibili ad iniziarlo subito, tra i 15 e i 64 anni, aumentano ad aprile dell’1% (+152mila unità) rispetto a marzo, e del 2% (+302 mila unità) rispetto all’anno precedente.

“Se qualcuno invece volesse strumentalmente usare il calo solo nominale della disoccupazione a scopo di propaganda, almeno per pudore, si fermi prima” avverte Fammoni, che denuncia come ormai sia chiara a tutti, meno che al governo, “l’anomalia del mercato del lavoro italiano basata sul binomio disoccupazione-inattività e scoraggiamento che porta il dato reale dei disoccupati a superare la media europea”. Infatti, spiega il dirigente sindacale “quando scende la disoccupazione sale il bacino degli scoraggiati, questa volta addirittura del doppio, e il risultato è ancora più negativo”. Quindi, secondo Fammoni, “non solo manca lavoro, ma si smette anche di cercarlo”. Una sfiducia che, sottolinea il Segretario Confederale CGIL “deve essere superata anzitutto contrastando questo proliferare di lavoro precario, insicuro, mal pagato e senza prospettive previdenziali che fa refluire nel sommerso”.

Per invertire questo trend, osserva Fammoni, “servirebbero scelte di merito e un messaggio chiaro: meno precariato, tutele per chi non ne ha e per chi rischia di perderle, politiche industriali e di sviluppo, riforma fiscale a favore del lavoro dipendente e dei pensionati per far ripartire consumi e produzione. Tutto questo però – lamenta il dirigente sindacale – non c’è nell’agenda di un governo, non solo inadeguato ma che con le sue scelte, e non scelte, acuisce i problemi della crisi e del lavoro creando danni al paese” conclude Fammoni.

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