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Articolo 18 non un totem, ma una norma di civilità

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Dicembre 20, 2011

Lavoro: CGIL, articolo 18 non un totem, ma una norma di civilità
Preoccupazione tra i sindacati per la riforma del lavoro annunciata dal ministro del Lavoro, Elsa Fornero. Per la CGIL l’articolo 18 non si tocca perchè “impedisce i licenziamenti discriminatori”, serve invece “aprire un confronto serio, con i sindacati e le parti sociali, perché le riforme per il Paese non si possono fare con i voti di fiducia del Parlamento”
20/12/2011 da www.cgil.it

Prosegue lo scontro sull’articolo 18, la norma dello Statuto dei lavoratori del 1970 che disciplina il reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo. La CGIL, per voce del suo Segretario Generale, Susanna Camusso, si è detta indisponibile a rimettere in discussione tale articolo, poiché rappresenta “una norma di civiltà che impedisce i licenziamenti discriminatori. Ha un forte potere deterrente, per tutti, e non va cancellato. Un paese democratico e civile non può rinunciarvi”.

L’annuncio del ministro del Lavoro, Elsa Fornero dell’intenzione, da parte del Governo, di riformare il mercato del lavoro, preoccupa i sindacati. In particolare, secondo la CGIL “si parla di riforma, ma in realtà sono solo licenziamenti facili” e rispondendo a quanti, come Confindustria pensano che l’articolo 18 rappresenti un “totem” per il sindacato di Corso d’Italia, la CGIL ha risposto attraverso i suoi social network: “il vero ‘totem’ della discussione sull’articolo 18 è pensare che cancellarlo possa aiutare il paese a superare la recessione, farlo crescere e creare occupazione. Eppure – avvisa – non c’è alcun nesso tra queste cose”.

La CGIL auspica, quindi, una opposizione di tutti i sindacati alla cancellazione dell’articolo 18. “Chi ne chiede l’abolizione – avverte la CGIL – si liberi di ideologie e pregiudizi”, serve invece “aprire un confronto serio, con i sindacati e le parti sociali, perché le riforme per il Paese non si possono fare con i voti di fiducia del Parlamento”.

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