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Lavoro: Camusso, l’articolo 18 non sia uno scalpo. Difesa con lotte mirate e dolorose

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Marzo 12, 2012

Lavoro: Camusso, l’articolo 18 non sia uno scalpo. Difesa con lotte mirate e dolorose

 

Il Segretario Generale della CGIL in una intervista al ‘Corriere della Sera’ parla della trattativa con il Governo toccando i temi più scottanti: contratti, precarietà, ammortizzatori sociali, ma anche pensioni e articolo 18. Parlando della Tav, Camusso ribadisce la necessità di investimenti per l’occupazione ma “serve il dialogo con le persone”

 

11/03/2012 da www.cgil.it

Susanna Camusso, la FIOM chiama lo sciopero generale se verrà toccato l’articolo 18. Cosa risponde il Segretario della CGIL?
«Ho impressione che qualcuno abbia già messo in conto un nostro sciopero generale: una fiammata e via. Ma non può essere così: si aprirà una fase non breve di lotta».

A cosa si riferisce?
«A tante cose: scioperi articolati, proteste mirate, durature, più dolorose».

Non teme che il suo messaggio venga frainteso e alimenti tensioni incontrollabili?
«So che ci sono preoccupazioni, ce le abbiamo anche noi. Ecco perché vanno date risposte».

Cosa pensa della presenza dei No Tav nella manifestazione della FIOM?
«Nessuna forma d’iniziativa legittima può prevaricare la vita degli altri e sconfinare nella violenza. Penso che la CGIL debba avere un giudizio netto. Del resto la nostra posizione favorevole alla Tav l’abbiamo espressa al congresso: il Paese ha un disperato bisogno di investimenti. Dopodiché sarebbe meglio avere regole su come si decide. E comunque va ricostruito il dialogo: è impensabile fare i lavori per anni con la valle contro».

La trattativa sul mercato del lavoro riprende domani. C’è possibilità che si arrivi a un accordo?
«Cominciamo col dire che una riforma, anche una buona riforma, non creerà occupazione: è sbagliato illudere la gente. Serve altro».

Ad esempio?
«Investimenti, politiche industriali che ancora non vedo. La “fase due” della crescita mi sembra lontana: la delega fiscale si sta traducendo in aumento dell’Iva anziché nella riduzione della pressione fiscale sul lavoro».

Questo governo l’ha delusa?
«L’esecutivo Monti ha scelto di avere il piglio di chi vuole fare riforme strutturali, ha usato termini ambiziosi, come “cambiare la mentalità degli italiani”. Ma poi questa intenzione si è tradotta nella continuità di politiche che penalizzano il lavoro».

Nel merito della riforma, ci sono punti di contatto sul tema dei contratti?
«Non c’è ancora una sintesi ma le proposte del ministro di far costare di più la flessibilità, eliminando quella cattiva, vanno nella giusta direzione».

C’è qualche novità sulla stabilizzazione dei precari?
«Al momento non ci sono risposte. Non si è mai nemmeno parlato di pubblico impiego dove la precarietà dilaga. Nè mi è piaciuto lo spettacolo del blocco dell’assunzione di 10 mila insegnanti».

Sugli ammortizzatori sociali lei dice che servono 15 miliardi. Può spiegare meglio?
«Attualmente ci sono 8,5 miliardi, tra contributi di imprese e di lavoratori, con l’estensione della contribuzione si potrebbe arrivare a 11. Mancano ancora 4 miliardi per avviare gradualmente la riforma».

Sui due pilastri voluti da Fornero? Cassa ordinaria e indennità di disoccupazione?
«No, non si può fare a meno della Cassa straordinaria per le riconversioni che saranno tante dopo la crisi. E l’indennità va estesa a tutti, compreso chi vive il lavoro con discontinuità».

Veniamo all’articolo 18.
«Espungerlo dal tavolo sarebbe un atto di saggezza, limitiamoci a velocizzare i processi sul lavoro».

Ma se invece si procedesse, che farà la CGIL?
«Quando si porrà il problema ci penseremo. Vedo in giro qualche proposta di chi cerca solo uno scalpo. E poi c’è quella della CISL, che estende le procedure dei licenziamenti collettivi a quelli individuali. Ma i licenziamenti individuali si possono già fare se non sono discriminatori».

Prenda il caso del lavoratore che, messosi in malattia, è andato a tirare il petardo al Segretario della CISL, Bonanni, ed è stato reintegrato sul posto di lavoro.
«Se il lavoratore ha violato la norma contrattuale ha ragione l’impresa, se non l’ha violata, è giusto il reintegro. Non tutte le malattie prevedono di stare a casa 24 ore su 24. Le norme ci sono: basta farle rispettare. Ad esempio, io mi chiedo perché non si impone mai al dirigente pubblico di controllare chi timbra e chi no».

Marcegaglia ha accusato il sindacato di difendere i fannulloni.
«Marcegaglia è stata presa da tentazione perché era all’assemblea di Federmeccanica… Ma non è che per evitare i problemi vadano cancellate le tutele».

Lei ha chiesto a Fornero di rivedere la riforma delle pensioni. Pensa ce ne siano i margini?
«Devono esserci. Non dispero di convincere il ministro che, con riferimento alle pensioni, non tutti i lavori sono uguali. Sul punto c’è una sensibilità fortissima e suggerirei sommessamente di tenerne conto…».

Intanto la CGIL è stata fischiata alla manifestazione della FIOM.
«Mi dicono che i fischi non erano dei lavoratori metalmeccanici. Dopodiché so che c’è una parte di movimento che ha un’idea antagonista. Ma il sindacato non è antagonista: costruisce accordi. Anche il Segretario FIOM, Landini, ha detto che è per l’accordo, purché non si tocchi l’articolo 18. Che è quello che penso anch’io».

Veltroni, attaccando l’articolo 18, vi ha chiamati indirettamente «santuari del no».

«Io sento quello che dice il segretario Bersani: non mi sembra che voglia cambiare l’articolo 18. Gli altri si pongano il problema di pensare cosa proporre loro, piuttosto che dirci quello che dobbiamo fare noi».

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