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Accordo sulle crisi aziendali. Cgil: si apre nuova stagione

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Settembre 2, 2016

mg4965_4205Accordo sulle crisi aziendali. Cgil: si apre nuova stagione

01 settembre 2016 ore 19.06 – da www.rassegna.it (foto di Marco Merlini)
Sindacati e Confindustria firmano la proposta comune. Due i modelli: ricollocazione in presenza di esuberi e, nei casi in cui esistono possibilità di rilancio, correttivi agli ammortizzatori sociali. Camusso: ora il governo metta a disposizione le risorse

Dopo un incontro di quattro ore nella foresteria di Confindustria, sindacati e associazione degli imprenditori hanno raggiunto un accordo importante per un modello innovativo di gestione delle crisi aziendali che, si legge in una nota, “mette al centro la  ricollocazione dei lavoratori assegnando alle parti sociali,  attraverso la contrattazione, un ruolo attivo e di grande  responsabilità”. Il documento è stato siglato dai leader delle quattro organizzazioni: Susanna Camusso, Annamaria Furlan, Carmelo Barbagallo e Vincenzo Boccia. Il  documento sarà inviato al governo a stretto giro di posta e le parti sociali confidano “nella  condivisione di queste proposte” e “ne auspicano la  piena attuazione, forti della convinzione che, nell’attuale contesto  produttivo ed economico, siano utili per dare risposte adeguate a  imprese e lavoratori”.

“Una scelta positiva, che prova a dire la verità sulla situazione in cui siamo”. Così il segretario generale della Cgil Susanna Camusso commenta l’accordo tra Confindustria e sindacati sulla gestione delle situazioni di crisi industriale: “Un accordo che mette in campo modalità contrattuali e politiche attive per affrontare i processi di ristrutturazione in corso. E richiede al governo di non sottrarre risorse agli ammortizzatori sociali, bensì di mettere a disposizione quelle risorse che con il venir meno della mobilità non ci sarebbero state”.

L’intesa tra sindacati e imprese, continua Camusso, apre una “stagione diversa: ci dice che le parti sociali sono in grado di fare accordi e proposte, rivendicando un’interlocuzione con il governo che non sia estemporanea, ma che provi ad affrontare i temi concreti del lavoro”. Una proposta comune che “ha anche un valore politico”, perché “segna una discontinuità rispetto a quello che abbiamo visto negli anni: è infatti finita quella narrazione che diceva che c’era chi poteva fare tutto per tutti e abolire la rappresentanza, le parti sociali, i corpi intermedi”.

Il documento assegna dunque un ruolo fondamentale alla contrattazione, che del resto, negli anni di crisi, è stata spesso lo strumento più utile per risolvere o limitare gli effetti più perniciosi della situazione economica globale per i lavoratori e le aziende. Nel testo vengono individuate due soluzioni a seconda dei contesti di crisi: nelle imprese interessate dalla Cigs, quando sono già previsti esuberi, si propone, attraverso un accordo sindacale, la condivisione di un “piano operativo di ricollocazione” finalizzato a favorire la formazione e la  ricollocazione dei lavoratori, già durante il periodo di cassa  integrazione. Per le attività di formazione e di outplacement le parti  hanno previsto la possibilità di operare attraverso i fondi  nterprofessionali.

Nelle imprese che operano in aree di crisi industriale complessa e non  complessa, invece, quando esistono concrete possibilità di rilancio  delle attività produttive, si propongono, oltre alla ricollocazione e alla formazione, anche alcuni correttivi alla disciplina degli  ammortizzatori sociali.

Quelle licenziate da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria rappresentano una serie di proposte ambiziose che, si legge in una nota, sono state concepite, per”essere  attuate nella loro interezza, “con il fine di affrontare al meglio la  difficile situazione congiunturale e governare con più efficacia i processi di transizione industriale”. Gli indicatori del mercato del lavoro risentono, infatti, concludono le parti, “di una situazione di debolezza: i recenti interventi legislativi di riforma degli  ammortizzatori sociali hanno sensibilmente ridotto lo spazio di azione  delle politiche passive del lavoro e manca ancora un assetto compiuto  delle politiche attive”.

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