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A PROPOSITO DELLE “PENSIONI DEI SINDACALISTI”

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Luglio 21, 2017

A PROPOSITO DELLE “PENSIONI DEI SINDACALISTI”


Il Presidente dell’INPS Tito Boeri periodicamente rilancia o fa rilanciare la sua campagna sulle “pensioni d’oro dei sindacalisti”, assieme ad altre esternazioni che molto spesso vanno al di là della sua funzione istituzionale.

Si tratta di un‘operazione con la quale il Presidente cerca in tutti i modi di sviare l’attenzione rispetto al suo operato, spargendo veleno nei confronti di chi mette in discussione la sua gestione dell’Istituto, che sta determinando gravi disfunzionalità.

Riteniamo comunque utile fare chiarezza su come stanno effettivamente le cose.

Innanzitutto la questione riguarda esclusivamente il regime previdenziale dei lavoratori in aspettativa o in distacco sindacale dai settori pubblici o assimilati, con consistente anzianità maturata prima del 1993. Solo in tali fattispecie infatti, una quota di pensione, quella relativa ai contributi maturati al 1992, viene calcolata sulla retribuzione pensionabile dell’ultimo mese.

Il Decreto legislativo 564/1996, articolo 3 commi 5 e 6, regolamenta il trattamento contributivo della retribuzione dei dirigenti sindacali in distacco retribuito o in aspettativa non retribuita. In ragione di tale norma, dal 1996 le organizzazioni sindacali possono versare la contribuzione sull’eventuale differenza tra la retribuzione corrisposta dalla stessa organizzazione per lo svolgimento del mandato sindacale e la retribuzione erogata dal proprio datore di lavoro, in caso di distacco, o quella presa a riferimento per l’accredito figurativo, in caso di aspettativa non retribuita.

La retribuzione corrisposta dall’organizzazione sindacale a cui si dovrebbe far riferimento per determinare il differenziale su cui versare la contribuzione aggiuntiva è quella prevista dai contratti o dai regolamenti adottati dalle Organizzazioni Sindacali (nel caso della Cgil il Regolamento del Personale che è pubblicato nel sito dell’Organizzazione) ed è relativa alla durata del mandato elettivo, comunicata annualmente e in modo preventivo all’Inps, che deve autorizzare il versamento.

Tale retribuzione ha le caratteristiche di “fissità e continuità” e, conseguentemente, come affermato dalla giurisprudenza (da ultimo dalla Corte dei Conti con la sentenza n. 491 del 6/10/16) e dalla risposta del Ministero del lavoro all’ennesima circolare proposta dall’Istituto, è utile ai fini della determinazione della c.d. Quota A di pensione, quella relativa ai contributi maturati prima del 1993, calcolata con il sistema retributivo.

In sostanza il regime previdenziale dei dirigenti sindacali in distacco o in aspettativa e provenienti delle Pubbliche Amministrazioni e dai settori assimilati, ha la stessa regolamentazione dei dipendenti delle categorie interessate.

Il Presidente dell’Inps da mesi sta cercando di ottenere dal Ministero del Lavoro l’autorizzazione ad emanare una circolare in materia, forzando la legge, e prevedendo di inserire nella Quota B (quella non fissa e continuativa e rientrante nel calcolo contributivo) questa parte di retribuzione aggiuntiva, peraltro con effetto retroattivo sulle pensioni in essere. Cosa del tutto ingiustificata e comunque giuridicamente illegittima in quanto una circolare amministrativa non può derogare una legge dello Stato.

L’Inps ha ricevuto due risposte dallo stesso Ministero del Lavoro nelle quali si ribadisce quanto attualmente vigente, circoscrivendo la portata della sentenza della Corte dei Conti che non mette in discussione la Quota A.

Comunque è bene precisare che la Cgil, già negli anni scorsi e in particolare dopo l’emergere di alcuni comportamenti truffaldini (che comunque non hanno mai coinvolto la nostra organizzazione), ha sollecitato lo stesso Presidente dell’Inps ad adottare interventi più incisivi finalizzati a prevenire abusi che si possono verificare, e che, come nel caso alla base della richiamata sentenza della Corte dei Conti, con incrementi retributivi anomali a ridosso del pensionamento possono determinare ingiustificate prestazioni previdenziali.

Abbiamo anche dato la nostra disponibilità a lavorare per individuare ulteriori strumenti amministrativi o normativi, per rendere più efficace e trasparente la gestione di questa materia, ad iniziare dalla determinazione più puntuale della congruità delle retribuzioni rispetto alle regolamentazioni adottate da ogni organizzazione e dall’accertamento dell‘effettiva continuità e fissità delle retribuzioni da imputare nella Quota A, oltre a sistemi per evitare il surrettizio cumulo degli incarichi e del relativo montante contributivo.

Chiaramente tali possibili nuove misure non esimono l’Inps dal suo ruolo di “vigilanza”, che comunque già oggi gli compete, monitorando ed evidenziando i comportamenti non conformi alla legge, fino a negare l’autorizzazione a versare la contribuzione aggiuntiva. Tale funzione sino ad ora non è stata svolta adeguatamente e ha consentito il determinarsi degli abusi denunciati.

Se, come dice il Presidente dell’Inps, ci sono “ pensioni d’oro” perché non si è esercitata la dovuta vigilanza, avendo l’Istituto piena conoscenza di tutti i dati?

Perché sin dall’inizio non si è imboccata la strada della lotta agli abusi e del dialogo per migliorare la regolamentazione, preferendo invece lanciare invettive contro i sindacati?

Comunque noi continuiamo a pensare che si debba operare in questa direzione, per soluzioni eque, trasparenti e basate sulle previsioni di legge.

Infine, desta sospetti il fatto che il Presidente dell’Inps alimenti una campagna di delegittimazione del sindacato proprio quando è in corso un delicato confronto sulla modifica della legge Fornero, che ha già ottenuto alcuni parziali risultati, contro i quali il Presidente non perde occasione per lanciare i suoi strali polemici, di natura politica più che tecnica. Potrebbe non essere una coincidenza.

La Segreteria nazionale Cgil

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