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Riconoscimento diritto ai riposi per i padri lavoratori anche se la madre non lavora

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Maggio 21, 2009

Ministero del Lavoro – Riconoscimento diritto ai riposi per i padri lavoratori anche se la madre non lavora.
Al “centro” il neonato

Il Testo Unico per la tutela della maternità e paternità (DLgs 151/2001) all’art.40 prevede che il padre lavoratore possa usufruire di permessi giornalieri pari a due ore se il suo orario di lavoro è pari o superiore alle sei ore, di una sola ora se è inferiore, fino ad un anno di età del bambino o entro un anno dal suo ingresso in famiglia nei casi seguenti:
a) se i figli sono affidati al solo padre
b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga
c) nel caso che la madre non sia una lavoratrice dipendente
d) in caso di morte o di grave infermità della madre.
Le considerazioni dell’Inps e dell’Inca:
L’Inps aveva fornito un’interpretazione particolarmente restrittiva negando il diritto anche alle lavoratrici autonome che, come patronato, non abbiamo mancato di confutare. Inoltre, l’Istituto sosteneva che, mentre il congedo parentale è espressamente riconosciuto ai padri dalla normativa vigente, il diritto ai riposi è un diritto “derivato” dall’originaria finalità biologica dei riposi stessi, previsti “per allattamento” concernenti pertanto unicamente la madre “nutrice”.
In seguito, grazie alla nostra di attività di contenzioso, l’Inps rivedeva la sua posizione ed affermava  che “per madre lavoratrice non dipendente deve intendersi la lavoratrice autonoma, artigiana, commerciante, coltivatrice diretta, colona, mezzadra, imprenditrice agricola professionale, parasubordinata e libera professionista, avente diritto ad un trattamento economico di maternità a carico dell’Istituto o di altro Ente previdenziale”.
Da questo sommario elenco, dal quale sono assenti comunque le lavoratrici domestiche e quelle a domicilio, rimangono espressamente escluse le casalinghe.
La giurisprudenza
La sentenza del Consiglio di Stato n.4293/2008 e la successiva giurisprudenza (in particolare Cassazione n. 20324/5) hanno invece posto in evidenza che la donna casalinga svolge quotidianamente occupazioni significative ed il suo stare in casa non ha come “base naturale” ed ovvia l’accudimento dei figli. “La nozione di lavoratore assume diversi significati nell’ordinamento, ed in particolare nelle materie privatistiche e pubblicistiche”. Inoltre, la giurisprudenza , anche europea, mette al centro il neonato ed il suo bisogno primario di cure, prima di qualsiasi altra considerazione. Lo stesso principio ispiratore del Testo Unico è proprio quello di garantire il benessere psico-fisico nel neonato assicurando il più possibile la presenza dei due genitori, insieme o separatamente, al suo fianco.
Le indicazioni del Ministero
Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, con la circolare 8494/09, si uniforma a questo indirizzo giurisprudenziale favorevole ai padri lavoratori e viene quindi finalmente riconosciuto al lavoratore padre il diritto a fruire dei riposi previsti dall’art.40 lettera c) del Dlgs 151/2001, anche quando la madre “svolga lavoro casalingo”.
Considerazioni
Un’ulteriore riflessione, derivata dal nostro lavoro quotidiano, ci porta ad operare in modo che, sempre in un’ottica di maggiore tutela, anche previdenziale, si arrivi a riconoscere ai riposi  la contribuzione figurativa “completa”.  Attualmente, com’è noto, l’art.35, comma 2 del Testo Unico prevede per la contribuzione figurativa il valore retributivo del 200 per cento dell’assegno sociale, con possibilità di riscatto o di versamenti volontari, sull’importo residuo, da parte degli interessati.
E’ questa una delle priorità da tenere presente per una effettiva tutela e in vista di modifiche della normativa vigente, in discussione al Parlamento europeo ed oggetto di varie proposte legislative del Governo.

Argomenti: CGIL, INCA, maternità, paternità, patronato |