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“Il quadro della crisi in provincia di Siena. E i modi per uscirne”

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Dicembre 17, 2009

da ‘Il Cittadinoonline.it’

di Augusto Mattioli

SIENA. Circa duemila disoccupati in più in un anno in provincia di Siena. ”Questo è il dato al 30 settembre scorso – dice Claudio Vigni, segretario provinciale della Cgil – che sta ad indicare una situazione preoccupante”.
Una situazione nella quale oltre al lavoro sono a rischio i diritti di chi ancora è occupato .
“Più difficoltà ci sono più difficile è gestire i problemi. Oggi è in crescita la vertenzialità nei luoghi di lavoro anche su aspetti spiccioli. E a pagare di più sono i più deboli e/o i meno professionalizzati” avverte Vigni.
Gran parte del calo di occupazione riguarda la Val d’Elsa con 1.200 occupati in meno. Un trend che non sembra destinato a fermarsi in questo nuovo anno.
Altro dato preoccupante è il fatto che siano in quasi 5.000 le persone  che si trovano in cassa integrazione. Un aspetto “che fa temere che con il tempo possano perdere il lavoro” aggiunge Vigni il quale ritiene che nei prossimi due anni il quadro non cambi.
Segnali che qualche settore sia in controtendenza non ce ne sono.
Quali i settori dove la crisi si fa sentire maggiormente?
“Il metalmeccanico, il cristallo, l’edilizia e costruzioni in genere e anche nel laterizio la situazione è pesante” dice Vigni.
E allora cosa si potrebbe fare per far fronte a questo difficile quadro?
“Bisogna sottolineare – sottolinea il segretario della Cgil – che Siena da sola non può certamente risolvere i problemi. Non è autosufficiente. E’ chiaro che c’è bisogno di una politica nazionale in particolare sugli ammortizzatori sociali che devono essere aumentati come entità e allungati nel tempo. Ed occorre pensare anche alla cassa integrazione in deroga per quei lavoratori di quelle imprese che non sono coperte dalle risorse generali come turismo, piccole imprese, artigianato, commercio”.
Siena e la sua provincia possono però contare sull’importante borsello della Fondazione Monte dei Paschi che potrebbe assicurare una certa tranquillità. Anche se le previsioni dicono che ci saranno minori risorse su cui contare.
Ma intanto come bisogna andare avanti senza pensare che tutto si risolve con i soldi della Fondazione?
“Siena – dice Vigni – deve porsi il problema di come aprire nuovi settori di produzione. Quelli attuali non saranno sufficienti per garantire il futuro, come pure è stato in passato. Occorrono nuove opportunità occupazionali. Nelle biotecnologie ad esempio si è investito molto. Qualcosa ora si sta muovendo come con Alfa elettronica. C’è necessità quindi di una gestione pubblica incentivando le capacità di innovazione da parte delle imprese e anche di imprenditori che si diano da fare su questo versante. In particolare bisogna produrre innovazione sulle fonti rinnovabili. Altra questione il tema della riconversione edilizia. Si è costruito troppo in Toscana e a Siena, mentre c’è stata poca attenzione al recupero del patrimonio esistente. In questa politica la parte del leone l’ha avuta la rendita per cui si è creata una situazione per cui le case hanno prezzi inavvicinabili. Un settore da rivedere andando verso un’edilizia più sostenibile”.
Veniamo alla Fondazione Monte dei Paschi. Ci saranno meno soldi a disposizione per gli interventi. “Penso non cambi molto. In dieci anni è stato investito l’1,5% del pil provinciale, Ma gli investimenti della Fondazione non hanno dato un ritorno adeguato perche spesso sono considerati sostitutivi e non aggiuntivi”.
Cosa si deve fare per evitarlo?
“Si deve lavorare alla creazione di un sistema che possa consentire ai comuni di avere le risorse esterne, pubbliche e private. Allora si che i soldi della Fondazione sarebbero aggiuntivi. Soldi da utilizzare in un modo più sensato anche se non si può dire che ci sia una responsabilità della stessa Fondazione”.
Parliamo anche della Banca già che ci siamo “Il suo è un ruolo importante. I finanziamenti del Monte e anche della Finanziaria senese di sviluppo devono essere funzionali al futuro assetto produttivo. Una parte delle risorse devono certo andare alle imprese in difficoltà ma una parte anche chi fa progetti su settori nuovi, a chi ha idee innovative”.

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