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WHIRLPOOL: ESUBERI O SACRIFICI PER TUTTI!!

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Maggio 10, 2011

WHIRLPOOL: ESUBERI O SACRIFICI PER TUTTI!!

In gergo industriale si dice “produzione del bianco”, ma non è il vino il prodotto a cui ci riferiamo!
Lavatrici, frigoriferi, congelatori: gli elettrodomestici per eccellenza che sin dalle loro origini sono stati contraddistinti con questa tinta cromatica. Articoli che per decenni hanno avuto in Italia i maggiori produttori europei, simbolo assieme al televisore del boom economico post anni ‘60.
Molti pensionati residenti in provincia di Siena hanno lavorato in quella che fu la IGNIS, diventata poi IRES e successivamente Whirlpool; chissà quanti degli attuali 570 dipendenti potranno un domani dire di aver svolto gli ultimi anni di lavoro prima della pensione alla Whirlpool di Siena?
Sì… perché la situazione prospettataci recentemente dal management della multinazionale americana rispetto all’andamento delle vendite del congelatore orizzontale – la produzione svolta a Siena – non è poi così tanto rassicurante: 78 “esuberi”, questo il verdetto emesso! Numeri…, come quelli che indicano la produzione che in quindici anni è passata dai 430.000 pezzi del 1995, agli oltre 800.000 del 2006, per poi scendere ai 630.000 del 2010; già, ancora numeri…, come quelli che indicano i dipendenti affetti da patologie agli arti superiori o alla colonna vertebrale che rappresentano oramai il 30% dei lavoratori in “catena”, ai quali con buona probabilità sarà riconosciuta la concausa che attesterà lo stato di malattia professionale.
La ricerca spasmodica della massima produttività, ritmi di lavoro sempre più stressanti, condizioni ambientali e climatiche che solo negli ultimi anni hanno trovato parziali soluzioni: questa è la fabbrica per antonomasia.
L’Azienda, oggi, chiede ancora di più: massima flessibilità per compensare i mesi di minor produzione attraverso un orario ridotto, per poi recuperare nei mesi di alta stagionalità chiedendo ai lavoratori un orario settimanale superiore all’attuale. Questo in un’azienda costituita per il 40% da donne, dove le comprensibili richieste di part-time vengono in alcuni casi liquidate con un rifiuto, dove – caso unico – l’aumento di richieste di congedi per paternità viene considerato un problema e non come un qualcosa da incentivare nella logica delle “pari opportunità”.
Un’azienda dove una sessantina di dipendenti nell’ultimo anno e mezzo ha rassegnato le dimissioni ‘incentivate’ e il ricorso agli stagionali è sceso dai circa 140 lavoratori di qualche anno fa a una trentina massimo in tempi più recenti.
Il Sindacato, perlomeno la FIOM CGIL, come sempre è pronto a fare la sua parte, ma non è più possibile scaricare ulteriormente sui lavoratori il recupero dei minori profitti da distribuire poi agli azionisti. Per questo, gli ambiti di perlustrazione e intervento non possono focalizzarsi solo sul costo del lavoro, occorre un progetto più ampio, di maggiore prospettiva, attraverso il quale l’unica azienda di elettrodomestici rimasta in Toscana possa continuare la sua produzione, ma senza che siano i lavoratori a farne le spese.

FIOM CGIL Siena

Siena, 9 maggio 2011

Argomenti: aziende, FIOM |