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Camusso, l’articolo 18 pilastro di civiltà, il governo non lo modificherà

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Gennaio 23, 2012

Camusso, l’articolo 18 pilastro di civiltà, il governo non lo modificherà

 

In una intervista al quotidiano ‘la repubblica’ il Segretario Generale della CGIL difende la norma dello Statuto dei lavoratori. “La vera occupazione è quella a tempo indeterminato. Diremo no al contratto unico perché contiene un inganno” Camusso, per noi è no. Ma trattiamo su fisco e tempi dei risarcimenti (Intervista del Segretario Generale della CGIL al quotidiano ‘la Stampa’)

 

  23/01/2012 da www.cgil.it

Segretario Camusso, come replica al presidente del Consiglio Monti secondo cui l’articolo 18 non può essere un tabù?
“Intanto vorrei dire che nell’affermazione di Monti c’è una notizia: per la prima volta, e finalmente, parla di un negoziato tra il governo e le parti sociali. Finora non l’aveva detto”.

È vero, ma l’articolo 18 per lei è un tabù?
“Guardi, io penso che dietro questo giochino di dire che l’articolo 18 non deve essere un tabù, si nasconda l’idea, che non condividiamo e non condivideremo, secondo la quale per combattere il dualismo del nostro mercato del lavoro si debba intervenire sulle tutele di chi è già occupato. Noi continuiamo a non essere d’accordo con questa analisi. L’articolo 18 non può essere un tema di discussione né in partenza del negoziato, né a conclusione del negoziato”.

Eppure l’articolo 18 si applica solo ai dipendenti delle aziende con più di 15 dipendenti. Per tutti gli altri è previsto un risarcimento monetario, anziché il reintegro nel posto di lavoro, in caso di licenziamento ingiustificato. Perché non si può estendere questo meccanismo a tutti i lavoratori?
“Ormai in Italia si pensa che non si possa licenziare per motivi economici. Invece non è vero. Piuttosto inviterei tutti – anche molti professori che fanno tanti guai – a una lettura collettiva dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Una norma che è esplicitamente ed esclusivamente dedicata alla tutela del licenziamento senza giusta causa a carattere discriminatorio. Così chi critica oggi l’articolo 18 dovrebbe avere il coraggio di sostenere che la buona sorte del Paese dipende dalla possibilità o meno di potere licenziare in modo discriminatorio”.

D’accordo, ma perché non adottare il risarcimento economico al posto del reintegro?
“Non è casuale che lo stesso Statuto distinse tra grandi e piccole imprese. In quest’ultime una volta che si rompe il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore è complicato tornare indietro. E non dimentichiamoci che lo Statuto nacque in un’epoca in cui c’erano soprattutto grandi imprese”.

Sono passati quarant’anni. Perché non si può cambiare?
“Perché l’articolo 18 ha una funzione deterrente. Continuo a pensare che sia una norma di civiltà, anche se a qualcuno dà fastidio. I destini economici di un’impresa si possono affrontare in tante maniere senza intaccare i diritti di chi lavora. L’articolo 18 dice che non si può usare il potere maggiore che hanno le imprese per discriminare le persone”.

Se il governo porrà la questione dell’articolo 18, salterà il negoziato?
“Non ho avuto affatto l’impressione che fosse questa la priorità del presidente Monti. Non credo che il governo partirà da lì. Ha detto che intende fare una trattativa e penso che terrà conto delle proposte unitarie di CGIL, CISL e UIL”.

Quante possibilità ci sono che arriviate ad un’intesa con il governo e la Confindustria?
“Posso dire che ci presentiamo al tavolo in maniera molto seria e con le nostre proposte. Mi auguro che lo facciano anche gli altri, governo e imprenditori”.
Perché siete contrari al “contratto unico” che nell’arco di un triennio permetterebbe di stabilizzare le nuove assunzioni? Perché la CGIL l’ha definito “un inganno”?
“È un inganno perché parte dall’idea che in Italia, e in Europa, non ci sia già una regola generale sulle assunzioni. Invece, c’è, eccome: è quella secondo cui le assunzioni normali sono a tempo indeterminato. In più aggiunge una nuova forma contrattuale, senza intaccare le cause, anche ideologiche e culturali, che hanno portato al proliferare di decine di tipologie contrattuali”.

Ma lei vorrebbe tornare indietro a quando non c’erano i contratti flessibili?
“Non si torna mai indietro. Penso che si debbano fare le cose necessarie per il nostro mercato del lavoro: tornare alla normalità. Per questo pensiamo che vadano incentivate, sul piano fiscale e contributivo, le assunzioni attraverso il contratto di apprendistato e il contratto di inserimento per le donne e gli over 50”.

E quali contratti flessibili salverebbe?
“Penso che vada rafforzato il part time, che vada riordinato il lavoro interinale, ma che si debba smettere di considerare le partite Iva come fossero lavoro subordinato”.

Lei ha criticato le liberalizzazioni di Monti. Perché è contraria?
“Non sono contraria. C’è, però, un tratto che mi preoccupa molto: quello di intervenire scaricando gli effetti sulle condizioni di lavoro. Penso all’allungamento degli orari dei negozi, penso alla cancellazione per legge (una scelta davvero inaudita) del Contratto nazionale delle ferrovie, penso al riordino dei tirocini senza valutare gli aspetti retributivi, penso, infine, che un orario di lavoro più lungo per i tassisti non dia nemmeno un servizio migliore”.

 

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