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Manovra: bloccare norma su cause lavoro a pagamento

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Luglio 14, 2011

Lavoro: CGIL, bloccare norma su cause lavoro a pagamento
In merito al provvedimento contenuto nella manovra correttiva del governo, che introduce un costo totalmente a carico dei lavoratori per le cause di lavoro e previdenziali pari a una cifra di 233 euro, la Confederazione afferma “è una scelta molto grave, che colpisce tutti, ma in modo evidente i lavoratori precari che chiedono il riconoscimento del lavoro subordinato. Ci pporremo a partire da presidio di oggi al Senato”
13/07/2011  | Politiche del lavoro da www.cgil.it

“Bloccare la ingiusta tassa sulla domanda di giustizia”. E’ la richiesta che fa la CGIL riferendosi a quel provvedimento, contenuto nella manovra correttiva, che introduce un costo totalmente a carico dei lavoratori per le cause di lavoro e previdenziali pari a una cifra di 233 euro. Una richiesta, quella del sindacato di Corso d’Italia, “che si associa anche a quella degli operatori ed esperti del diritto del lavoro – fa sapere il Segretario confederale, Fulvio Fammoni – a partire dall’AGI, l’associazione bipartisan degli avvocati giuslavoristi”.

Il dirigente sindacale ricorda come “dal 1958 le cause di lavoro e previdenziali non erano gravate da nessun balzello economico per il lavoratore”. Dall’entrata in vigore del decreto per la stabilizzazione finanziaria, invece, “i lavoratori devono adesso pagare una quota che nella maggioranza dei casi (cause per licenziamento, impugnazione dei termini, riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato, mobbing, ecc..ecc..) comporterà un costo di 225 euro, più 8 di bollo, per un totale di 233 euro”, qualora non sia determinabile il valore economico della richiesta. Nel caso in cui, invece, esso sia determinabile, verrà imposto un contributo a partire da 18,50 euro fino a 733 euro, a seconda di quanto viene richiesto in sede legale. Per le azioni legali in materia previdenziale viene introdotto, inoltre, un contributo in misura fissa pari a 37 euro.

Cifre, prosegue il Segretario Confederale della CGIL, “importanti, soprattutto se si considerano le condizioni socio economiche di chi si trova costretto a ricorrere alla Giustizia per la tutela di diritti. Si tenta, in tutte le occasioni, di depotenziare la giustizia del lavoro ed i diritti dei più deboli. Con che coraggio – dice – chiedere questo denaro a persone rimaste senza lavoro e/o reddito?”. Per Fammoni la norma appare “una scelta molto grave, che colpisce tutti, ma in modo evidente i lavoratori precari che chiedono il riconoscimento del lavoro subordinato”.

Ed è proprio il NIdiL CGIL, infatti, il sindacato delle nuove identità di lavoro, ad unirsi alla dura critica del sindacato su una norma “scandalosa e inaccettabile in una manovra complessivamente iniqua”. Dunque, il NIdiL è con la CGIL, che su questo tema ha approvato un proprio ordine del giorno del comitato direttivo, nel quale si chiede che questa norma venga “stralciata o soppressa e in ogni caso – avverte la Confederazione – verranno attivate tutte le iniziative possibili di carattere legale e amministrativo per bloccare o sospendere gli effetti arrivando fino al ricorso in sede costituzionale”. Sarà questo, conclude Fammoni “uno dei punti al centro del presidio di oggi al Senato per cambiare una manovra sbagliata ed iniqua”.

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