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Camusso: ora il governo deve correggere il tiro. La vera prova è sul lavoro

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Settembre 2, 2013

Camusso: ora il governo deve correggere il tiro. La vera prova è sul lavoro
In una intervista all’Unità il segretario generale della CGIL, Susanna Camusso, giudica i recenti provvedimenti e suggerisce i temi su cui il governo dovrebbe intervenire al più presto per dare un segnale di inversione di tendenza. Se le cose che si chiedono non si otterranno si dovranno mettere in campo tutte le iniziative necessarie
01/09/2013 da www.cgil.it

«In autunno il governo dovrà dare risposte sull’occupazione e sul lavoro, con priorità chiare e investimenti importanti, che solo una regia pubblica può garantire. Se questo non avverrà, dovremo esercitare pressioni e lo faremo in tutti i modi che ci sono consentiti». Meno di un mese fa, Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, aveva chiesto all’esecutivo Letta un cambio di segno, una svolta che «deve arrivare>, nella legge di Stabilità 2014, la cui presentazione è prevista per metà ottobre.

 Segretario, nell’ultimo decreto le due rate Imu sono state messe da parte: un’abolizione sofferta, e si è ancora alla caccia delle coperture necessarie. Che ne pensa? «È giusto che chi ha una sola casa, non di lusso, possa essere esentato dal pagamento dell’Imu, l’abbiamo sempre sostenuto. Non a caso, abbiamo sempre detto che chi possiede solo una prima casa non deve pagare. Non è la stessa cosa se uno ha un appartamento che si è costruito negli anni o possiede un grande patrimonio immobiliare. In una stagione in cui le risorse scarseggiano, si è dato un segnale che non è di vera equità. Si è messo sullo stesso piano chi nella crisi soffre di più, a cui è giusto abbassare le imposte, ma anche a chi sarebbe utile contribuisse. Così facendo si rafforza l’idea che la tassazione del patrimonio sia sempre un problema nel nostro Paese, mentre in tutti gli altri è normale. Piuttosto, sarebbe stato meglio usare le risorse disponibili per sostenere i redditi di pensionati e lavoratori».

Nel decreto ci sono 500 milioni per la cassa integrazione e una posta di bilancio per altri 6.500 esodati. Come giudica questo sforzo su temi sui quali aveva richiesto molta attenzione? «Letta ha detto che si tratta di un primo intervento, non l’unico. Di certo, così non basta. Credo sia giusto sottolineare che, rispetto ai decreti precedenti del governo Monti, per risolvere il problema questa volta si riparte dal diritto in capo alle persone e non da numeri teorici: non è cosa da poco. Tuttavia, non può passare troppo tempo prima che si risolva definitivamente il problema. Siamo già oltre il consentito, non si può giocare con i destini delle persone. Ragionamento analogo anche per cassa integrazione e mobilità in deroga e per i contratti di solidarietà: se servono due settimane per rifare il punto con le Regioni, va bene, ma non si può andare oltre. Bisogna accelerare, perché aspettare a lungo significa accentuare i problemi economici di chi già è in difficoltà».

La ripresa potrebbe affacciarsi nel 2014. Lei ci crede? «Se uno usa i criteri dell’analisi dell’andamento degli spread e della finanza, molti possono dire che va meglio di un anno fa. Tuttavia si pensa che la ripresa non avrà effetto sull’occupazione. Anzi, vedo che ci sono segnali di peggioramento della condizione sociale e mi aspetto che il governo non si accontenti dei timidi segnali finanziari, ma che voglia tutelare la parte del Paese che maggiormente paga le conseguenze della crisi. Per dare una prospettiva servono investimenti sull’occupazione. Se ne è parlato troppo poco, perché il dibattito è prigioniero di una strisciante, e dannosa, campagna elettorale».

 La legge di stabilità può essere il luogo dove questi provvedimenti vedranno la luce? «Deve esserlo, è l’ultima occasione. Per far ripartire l’occupazione ci vuole un governo dell’economia, se così non fosse saremmo di nuovo alla mercé dei giochi della finanza speculativa».

Quali provvedimenti darebbero il segno della svolta che invocate? «Viste le poche risorse a disposizione, serve una serissima selezione degli interventi. Innanzitutto, dare soldi ai lavoratori e ai pensionati, con un’operazione di riduzione della tassazione sugli stipendi e sulle pensioni. I redditi devono crescere. Alle imprese si può togliere la componente del lavoro dall’Irap, che in alcuni casi è una tassa sull’occupazione. Il secondo capitolo è quello delle politiche industriali: vorrei immaginare che si scegliessero poche priorità, mettendo fine agli investimenti a pioggia che magari accontentano alcuni ma non determinano il cambio di passo necessario. Con le risorse restanti bisogna superare il Patto di stabilità dei Comuni, attuare interventi per le imprese, come la riduzione dei costi dell’energia, per stimolare gli investimenti. Poi si potrebbero mettere attorno a un tavolo le imprese pubbliche, in modo che una regia centrale indirizzi scelte ed investimenti».

Posto fisso, addio. I lavoratori con contratto stabile sono sempre di meno, il 53,6% del totale. Quali strumenti contro la precarietà? «Questi dati sono il segno di un indebolimento della qualità della produzione e dei servizi e la responsabilità principale di questa situazione è da rintracciare nella frammentazione della normativa sul mercato del lavoro. Anche per questo abbiamo detto che l’Expo di Milano non poteva diventare un modello per estendere queste forme di lavoro. Probabilmente c’è anche una responsabilità del sindacato che ha sottovalutato la crescita del fenomeno, e forse non ha dedicato il massimo degli sforzi a una contrattazione inclusiva per questi soggetti».

Precarietà e disoccupazione in aumento, fragilità del governo costantemente minacciato, segnali economici contrastanti. Che autunno si aspetta per l’Italia? «Avverto un senso di smarrimento e preoccupazione delle persone, e spesso la sensazione di essere ignorate dal dibattito politico. Questo è foriero di scenari non positivi. Per scongiurarli il governo deve trovare nella Legge di Stabilità soluzioni per l’occupazione, per la crescita e per sostenere i redditi. In caso contrario dovremo esercitare, in tutti i modi e le forme di cui disponiamo, le necessarie pressioni affinché questo accada

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