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Camusso: meno tasse sul lavoro, ma niente sconti sulla flessibilità

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Ottobre 8, 2013

Camusso: meno tasse sul lavoro, ma niente sconti sulla flessibilità

00. Susanna Camusso. Fotogria Mario Llorca. WWW.MARIOLLORCA.COM07/10/2013 da www.cgil.it

Nel giorno dell’incontro tra governo e sindacati per il varo della legge di stabilità, il Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso, in un’intervista al quotidiano ‘Il Mattino’, afferma: “da Letta aspetto fatti, non annunci”

“La brutta pagina del passato, quella che ha impoverito il Paese, la considereremo superata solo quando vedremo un concreto cambiamento nelle politiche economiche. Per questo oggi ascolteremo con attenzione il governo sulla legge di stabilità». Non sembra troppo ottimista Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, sull`esito del tavolo di oggi pomeriggio a Palazzo Chigi con il premier Letta. «Il presidente del Consiglio ha fatto bene a convocare le parti sociali perché il confronto su questioni importanti come la riduzione della pressione fiscale sul lavoro è necessario. Mi auguro che con la nuova legge di stabilità non si continui a seguire la strada delle finanziarie 2011 e 2012 che furono costruite considerando Imu e Iva gli unici problemi del Paese, ma invece si modifichi completamente l`asse strategico delle scelte da compiere».

Eppure a Letta si rimprovera di dare più ascolto al documento siglato da Confindustria e sindacati
che alla maggioranza…
«Io mi aspetto fatti. A cominciare dalla riduzione delle tasse sul reddito da lavoro dipendente e sulle pensioni, e da una maggiore imposizione sulle rendite e patrimoni visto che siamo il Paese che ha la minor tassazione in Europa. Insomma, mi aspetto che si arrivi finalmente ad una svolta in materia fiscale che premi chi finora ha pagato di più, e sono la maggioranza dei contribuenti, e faccia pagare il dovuto a chi non lo ha fatto».

Tra i provvedimenti annunciati in queste ore nella nuova legge di stabilità ci dovrebbe essere anche il reddito minimo: perché siete contrari? « Intanto, anche su questo punto, siamo solo agli annunci. Ormai ogni due o tre giorni ne leggiamo uno e la cosa francamente lascia perplessi.

Cosa vuol dire esattamente reddito minimo? «Non vorrei che dietro le parole si nascondesse di tutto. È ovvio che se la misura di cui parla il ministro del welfare si riferisce a un piano di inclusione sociale, a noi sta bene. Ma se questo piano diventa poco sostenibile perché le risorse non sono certe e ne sottrae ad altri capitoli, è chiaro che non possiamo essere d`accordo. È già accaduto che i fondi per la cassa integrazione in deroga fossero trovati da altre misure riguardanti il lavoro, senza che siano state trovate nuove risorse».

Tutta colpa del clima di instabilità politica di questi giorni? «C`è sicuramente un effetto-instabilità, gestito strumentalmente per salvare gli interessi di un singolo. Ma manca ancora quel cambio di passo per la politica economica che è indispensabile. L`Italia continua a stare male, a vedere peggiorati i propri indicatori economici: le statistiche Istat sono sotto gli occhi di tutti».

Il governo vuole intervenire sul cuneo fiscale: è una buona notizia? «Ma capiamo prima di cosa si parla. Ci sono state esperienze in passato non proprio efficaci…».

Si riferisce all`iniziativa del governo Prodi? «Anche a quella ma non solo. Il punto è che non serve una distribuzione a pioggia. Serve una politica di riduzione fiscale su lavoro e pensioni che deve continuare nel tempo. Apriamo cioè finalmente una seria stagione di riduzione delle tasse sia sul lavoro che sulle imprese con criteri di selettività per queste ultime».

Sud «Si insiste a definirlo centrale ma non vedo ancora scelte strategiche»

Ma sul nodo risorse proprio lei ha osservato che due, eventuali miliardi per la riduzione del cuneo fiscale non sarebbero sufficienti… «Io credo che ci siano due priorità assolute per poter rilanciare la crescita: la redistribuzione della pressione fiscale, riducendo il peso delle tasse sul lavoro dipendente, e le pensioni. Su questo fronte più volte abbiamo letto di un imminente intervento o quanto meno di una proposta del ministro Giovannini ma siamo ancora in attesa. Restituire potere d`acquisto alle pensioni e garantire equità fiscale significherebbe far ripartire i consumi perché la crisi del Paese è soprattutto una crisi di domanda interna. La seconda priorità é una seria politica industriale e di investimenti».

Al Sud più del resto del Paese. «Sicuramente. In un`area già di per sè molto svantaggiata i problemi sono maggiori anche se non crederò mai che il malato sia ormai incurabile. Tutt`altro. Anche su questo punto mi aspetterei che al di là degli annunci sulla centralità del Mezzogiorno, si decidesse una volta per tutte di far ripartire il Paese da qui, dal Sud».

Ma lei crede che ora che il governo ha ottenuto la fiducia, le cose sul piano delle decisioni e delle scelte possano migliorare? «La sensazione che questa maggioranza sia coesa francamente non l`abbiamo ancora. Del resto se si ricomincia con le cabine di regia, come ha chiesto il capogruppo Pdl alla Camera, siamo punto e daccapo».

Il nodo risorse: basta dire genericamente che bisogna ridurre la spesa pubblica osi può essere più concreti? «Premesso che sul versante delle entrate sia necessario agire sulle rendite e sui patrimoni, non credo sia utile parlare genericamente di tagli alla spesa che ci ha portato alla dannosa politica dei tagli lineari. Ci sono strade efficaci, vuole degli esempi? Consulenze, costi standard per l`acquisto di beni, l`abolizionedelle Province attraverso la definizione del trasferimento delle funzioni e del relativo personale, scioglimento delle società che non hanno attività di produzione o di servizio».

Vi accusano di esservi appiattiti troppo come sindacati su Confindustria… «È una sciocchezza. Come abbiamo dimostrato con l`accordo sulla rappresentanza del maggio scorso, quando il merito è condivisibile le intese si firmano. Al contrario, quando i contenuti sono sbagliati e dannosi, come l`aumento di flessibilità con la scusa dell`Expo di Milano, il sindacato si oppone. Allo stesso modo possiamo sottoscrivere un documento sulla legge di stabilità con Confindustria e criticare aspramente quelle imprese che rifiutano di assumersi le loro responsabilità in ordine alla crisi del Paese. C`è, infatti, una parte di imprenditori che ha rinunciato a investire in Italia e pensa così di chiamarsi fuori. Niente di più sbagliato. Come vede a decidere è sempre e solo il merito».

L`Italia che difende le sue aziende, come nel caso della cessione di Ansaldo Energia alla Cdp, è un buon segnale? «Sicuramente sì anche se non abbiamo visto ancora il piano industriale di Finmeccanica: sarebbe il caso di discuterne anche per la rilevanza che ha per il Sud. Certo, la ferita aperta con Telecom deve indurre rapide scelte industriali e sulle reti».

Sarà così anche per Alitalia? Non avete qualcosa da rimproverarvi come sindacati sull`evoluzione di questa vicenda «Noi abbiamo detto a suo tempo che difendere l`italianità della compagnia rischiava di essere solo uno slogan. Si è scelta una strada che purtroppo non ha dato risultati positivi: abbiamo sostenuto allora che l`unica soluzione possibile era un sistema integrato del trasporto aereo del nostro Paese, mi pare che il tema sia tornato attuale con qualche anno di inutile ritardo».

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