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Camusso: le imprese pubbliche investano creando posti di lavoro

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Luglio 21, 2014

Camusso_4Camusso: le imprese pubbliche investano creando posti di lavoro

20/07/2014 a www.cgil.it

Intervista del Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso al quotidiano ‘La Stampa’

Segretario Camusso, lei al premier Renzi ha chiesto di farla finita con le parole e di agire per creare lavoro. Un attacco politico al governo? «Il paese sta scivolando su un piano inclinato molto pericoloso, e i nodi vengono al pettine. Il governo, appena formato, si era posto come obiettivo quello di rimettere in moto il paese. Ma il tempo passa. E combattere la disoccupazione e creare lavoro non c’è proprio nell’agenda politica. Mi pare ci sia solo l’idea che prima o poi qualcuno arriverà e investirà, che prima o poi arriverà la ripresa. Non si fa nulla di concreto. E intanto si sta liquidando l’apparato produttivo del paese». Ha sbagliato Renzi a scommettere sulla ripresa in arrivo? «Mi pare che si contasse troppo sull’esaurimento della crisi, sui primi segnali di ripresa che pure si manifestavano. La verità è che se non ci diamo rapidamente una mossa la crisi rischia di diventare senza uscita. C’è la disoccupazione, e ci sono dieci milioni di famiglie povere. Non risolvi i loro problemi  con le riforme costituzionali. O con negoziati, diciamo, solo ‘teorici’, con l’Europa e che non cambiano nella sostanza i vincoli di bilancio, con una riforma del mercato del lavoro che cambia soltanto le regole e non crea impieghi. Non basta annunciare riforme che non incidono sul lavoro, e sperare che tutto vada bene automaticamente. E allora prima di oltrepassare il punto di non ritorno, meglio mettere in moto delle contromisure». Quali? «Ci sono imprese pubbliche e partecipate, come l’Eni, che fanno utili, non investono e mettono in difficoltà stabilimenti come a Gela. Palazzo Chigi può dir loro che si possono fare meno utili, e si può investire nella chimica? Vogliono licenze e concessioni per gas e petrolio? Va bene, come si è fatto in Basilicata, ma creando posti di lavoro. Tutte le imprese pubbliche pòssorm fare meno dividendi, e creare lata occupazione attraverso investimenti produttivi. Secondo: c’è un’azienda tedesca, la ThyssenKrupp, che vuole ridurre ai minimi termini lo stabilimento di Terni portando lavoro ìn Germania. Si può discuterne con la cancelliera Merkel? Si può lavorare perché il piano siderurgico europeo non finisca con tagli alla produzione soltanto in Italia? Si può imitare la Francia, che ha dimezzato le bollette elettriche alle imprese energivore?» Quindi Renzi ha sbagliato totalmente strategia sul lavoro?
«Obiettivamente, non c’è una politica per il lavoro e non c’è una politica industriale. Tu, governo, sei l’imprenditore di alcune aziende fondamentali e gli devi dare una mission. Devi muovere le leve che hai per ridurre la disoccupazione e sostenere la produzione. Gli 80 euro, che pure abbiamo approvato e rivendicato, dovevano far ripartire il mercato interno: non hanno funzionato. A una famiglia in cui lavora uno solo, e magari rischia il posto, gli 80 euro non cambiano nulla. E poi bine chstrtere lavoro che c’è». Come si fece in più occasioni alla Votkswager2 «C’è uno strumento come quello dei contratti di solidarietà espansiva, per aumentare le assunzioni, Ma non sono finanziati e funzionano male. Visto che paghiamocostosi incentivi per favorire gli straordinari o incrementare la precarietà, non sarebbe più utile investirli nei contratti di solidarietà espansiva e far lavorare più persone? E parliamo dì pensioni. La riforma ha allontanato l’età pensionabile nel momento peggiore della crisi. Non sarebbe più logico introdurre flessibilità e togliere le penalizzazioni, e trovare un meccanismo per evitare che la staffetta generazionale pesi solo sul lavoratore? Faremmo andar via prima chi ha lavorato a lungo e non ce la fa più, e al loro posto entrerebbero tanti giovani». Ma aumenterebbe il debito pubblico. «Che sta aumentando in ogni caso, perché non ci sono redditi, consumi ed entrate fiscali, e si spende per gli atit.r., mortizzatori sociali. E poi, possibile che le imprese italiane sappiano solo chiedere flessibilità, ma nessuno pare: in grado di investire? Dobbiamo sempre aspettare uno straniero?» Sì, come per Alitalia. Poi lo straniero che investe arriva, salva un’azienda e i sindacati non firmano…«Attenzione. Su Alitalia noi abbiamo cercato di difendere le ragioni dei lavoratori e trovare giuste soluzioni occupazionali per tutti. E continueremo. Ma sulla riduzione del costo del lavoro nen abbiamo battuto ciglio, e abbiamo firmato l’accorda non appena dermito un criterio equo».

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