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Industria: la crisi non va in vacanza

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Luglio 30, 2012

Industria: la crisi non va in vacanza
A luglio 2012 sono 131 i tavoli di crisi che con più frequenza vengono convocati al Ministero dello Sviluppo economico per un totale di 163.152 lavoratori coinvolti, altre alle migliaia di vertenze aperte in tutta Italia.
Per la CGIL occorre risolvere, al più presto i singoli casi di crisi presenti a partire dai Tavoli aperti MISE, che “non possono concludersi con il solo intervento degli ammortizzatori sociali”

28/07/2012 da www.cgil.it

Anche quest’anno la crisi non va in vacanza. Agosto è alle porte e come ogni anno, tra qualche giorno, le attività ministeriali si fermeranno per riprendere a settembre. Una pausa estiva che, nell’attuale situazione di crisi economica e sociale, per centinaia di migliaia di lavoratori i cui destini occupazionali sono appesi ad un filo non fa altro che prolungare l’attesa estenuante di una soluzione.

A luglio 2012 sale a 131 il numero delle vertenze che vengono discusse con maggiore frequenza al Ministero dello Sviluppo Economico (erano 109 a gennaio 2011) per un totale di 163.152 lavoratori coinvolti (135.839 a gennaio 2011), secondo i dati dello stesso MISE. Cifre che crescono vertiginosamente, è indispensabile ricordarlo, se si considerano gli innumerevoli altri casi di crisi aziendali non ancora giunte al Ministero, ma già avviate a livello territoriale che contribuiscono a mettere in ginocchio il tessuto industriale ed occupazionale di intere Regioni. Per questo occorre risolvere, al più presto i singoli casi di crisi presenti a partire dai Tavoli aperti al Ministero dello sviluppo economico, che avverte la CGIL “non possono concludersi con il solo intervento degli ammortizzatori sociali”.

Sono tante, troppe, le crisi industriali che in lungo e in largo attraversano tutto lo stivale, dal 2009 ad oggi oltre 30mila imprese hanno chiuso i cancelli lasciando a casa intere famiglie. Siamo ormai al quarto anno di Cassa integrazione, un ammortizzatore sociale del quale ad oggi usufruiscono circa 500mila lavoratori che, in media, hanno visto diminuire il proprio reddito di circa 4mila euro. Dunque, un quadro decisamente preoccupante quello che si è delineato in Italia sotto tutti i punti di vista e che rende necessario e urgente, come ribadito sempre più spesso in questi mesi dalla CGIL “un disegno di politica industriale con al centro gli investimenti e l’innovazione” senza il quale “c’è solo il perdurare della recessione”. Il Governo deve cambiare rotta e indirizzarla verso lo sviluppo e la crescita, ossia verso la creazione di lavoro, che rimane la vera emergenza del paese. Al contrario tutti i provvedimenti varati fin’ora dall’esecutivo basati su tagli lineari non hanno fatto altro che colpire lavoratori, giovani e pensionati, ossia quelle persone già messe a dura prova dalla crisi economica. Per la CGIL infatti “il decreto sviluppo non è all’altezza della gravità della crisi, serve un deciso cambio di rotta, in netto contrasto con le politiche rigoriste e recessive fin qui adottate”.

L’Italia della crisi. A tanti di noi capiterà di recarsi in vacanza proprio nei luoghi delle maggiori vertenze simbolo di questa crisi, luoghi che sono stati e sono tutt’ora scenario di accese proteste portate avanti da lavoratori e sindacati. Basti pensare alla Sicilia con la FIAT di Termini Imerese, o alla Sardegna e in particolare alla zona del Sulcis fortemente martoriata dalla crisi con gli stabilimenti Alcoa ed Eurallumina di Portovesme, alle province di Matera, Bari e Taranto con la profonda crisi che sta investendo il distretto del mobile imbottito e ancora la Campania con la difficile vicenda Fincantieri di Castellammare di Stabia e protagonista a Napoli il 2 luglio scorso di una importante manifestazione unitaria che ha voluto porre l’attenzione sulla drammatica situazione in cui versa la regione. Ma la crisi industriale non risparmia nessuno e morde anche al Centro e al Nord della penisola colpendo le imprese di elettrodomestici in Umbria, nelle Marche e in Friuli, o il distretto della ceramica e le industrie tessili della Toscana passando per la Vinyls di Porto Marghera.

Di seguito riportiamo in breve, alcune delle maggiori crisi industriali che aspettano ormai da troppo tempo una soluzione e che coinvolgono un grandissimo numero di lavoratori.

Elettrodomestici:

A.Merloni – La vertenza è ancora aperta dopo la cessione dei tre stabilimenti del ‘bianco’ (Umbria e Marche) all’imprenditore Giovanni Porcarelli della Qs Group che si è reso disponibile a riassumere solo 700 lavoratori alla J&P. Rimane da risolvere il nodo dei restanti lavoratori mettendo in pratica quando deciso con l’accordo di programma per garantire un futuro occupazionale a chi non è rientrato in azienda.

Per gli oltre 600 lavoratori del sito di Nocera Umbra si è fatto ricorso alla Cassa integrazione per cessazione delle attività con una durata di un anno prorogabile per altri 6 mesi.

Electrolux – Il piano sociale dell’Elettrolux che prevedeva 30mln di euro per esodi incentivati, agevolazioni di part time, autoimprenditorialirà, riqualificazione, ricollocazione e reindustrializzazione per evitare circa 800 licenziamenti negli stabilimenti di Porcia (PN) e Susegana (TV), è rimasto sulla carta. Ad oggi, infatti, l’unico strumento utilizzato è stato quello dell’esodo incentivato. In totale sono 230 le persone uscite dalle due fabbriche, mentre i restanti 500 lavoratori in esubero e da ricollocare sono in CIGS a rotazione. I sindacati temono che il rallentamento dell’utilizzo degli strumenti per la gestione degli esuberi provochi una situazione drammatica alla fine del periodo coperto dagli ammortizzatori sociali.

Indesit – Annunciata la chiusura del sito di None (Piemonte) per trasferire la produzione di lavastoviglie in Polonia. Si tratta della terza chiusura in pochi mesi, dopo Brembate e Refrontolo. In bilico ci sono 360 lavoratori per i quali la Cassa integrazione è in scadenza. I sindacati chiedono al Governo di aprire un tavolo sulla vicenda. Operai in stato di agitazione.

Omim – La Drahtzug Stein Omim, produttrice di elementi per elettrodomestici di grandi marche, dà lavoro a 200 persone. Per quanto riguarda lo stabilimento di San Donà, la proprietà vuole trasferire un reparto nell’altra sede italiana di Casale Monferrato mettendo a rischio 36 dipendenti. La vertenza è in discussione al Ministero.

Chimica:

Eni – E’ stato raggiunto l’accordo tra Eni e sindacati sull’annunciata fermata degli impianti di Gela (Sicilia). Due delle tre linee di produzione della raffineria sono ferme dal 10 maggio, per 10 mesi e 400 lavoratori (non più 500) sono in Cassa integrazione a rotazione, dove possibile. Lo stop riguarda la linea 1 (Topping 1 – Coking 1) e la 3 (Vacuum – Fcc). I sindacati hanno istituito una Commissione per vigilare sul futuro dell’occupazione e sugli investimenti annunciati da Eni. Infatti, nell’accordo sono stati confermati gli investimenti per 480 milioni di euro nel quadriennio 2012-2015.

Evotape – La Evotape, azienda di Santi Cosma e Damiano in Piemonte ha licenziato 130 persone e dichiarato il fallimento. Ora il curatore si è detto favorevole ad un prolungamento della Cassa in deroga ma si attende la convocazione da parte della regione.

Nuova Pansac – Si cercano acquirenti per salvare l’azienda, 735 lavoratori in CIG straordinaria per tutta la durata dell’amministrazione straordinaria, con la mobilità accessibile solo su base volontaria. Intanto si attende un bando di vendita per trovare acquirenti seri che rilancino l’azienda acquisendo tutto o buona parte del Gruppo.

Vinyls – I 150 lavoratori del sito di Porto Marghera attendono ancora la cessione di ramo d’azienda e la riconversione industriale ad opera dell’Oleificio Medio Piave per la produzione di olii vegetali, farine e biodiesel. Tale operazione consentirebbe ai lavoratori ai quali il 9 giugno scorso è terminata la Cassa integrazione e per i quali è stata chiesta una proroga al Ministero del Lavoro, di ricominciare a percepire uno stipendio. I sindacati chiedono la convocazione di un tavolo ministeriale per concludere definitivamente la compravendita.

Basell – Prosegue la trattativa per l’acquisto e il rilancio dell’area di proprietà della Basell a Terni da parte di TerniResearch. Intanto, il 30 giugno sono usciti dallo stabilimento gli ultimi lavoratori per i quali dal 1° luglio è scattata la mobilità. In totale sono 70 i lavoratori rimasti senza occupazione.

Farmaceutica:

Corden Pharma – La Corden Pharma di Sermoneta (Lazio) ha confermato i 179 esuberi che dovranno lasciare il posto di lavoro entro l’agosto del 2013, passando così da 700 a 500 lavoratori a regime. I sindacati stanno lavorando per trovare un accordo che comprenda ammortizzatori sociali e percorsi di accompagnamento alla pensione o di buona uscita.

Pfizer – Dopo l’annuncio dell’apertura delle procedure di mobilità per 83 lavoratori nello stabilimento di Ascoli Piceno, su un totale di 576 addetti, il colosso farmaceutico Pfizer ha richiesto al Ministero l’attivazione della CIGS per 78 dipendenti della fabbrica marchigiana per 2 anni, scongiurando per il momento l’ipotesi di mobilità annunciata nei giorni scorsi. Tuttavia la Pfizer intende investire nella fabbrica marchigiana altri 13 milioni di euro nel 2012. I sindacati chiedono chiarezza nelle strategie del gruppo.

Sigma Tau – La vertenza è ancora in cerca di una soluzione poiché l’azienda non ha ancora presentato il nuovo piano industriale, ma solamente quello di ridimensionamento. Intanto nello stabilimento di Pomezia (Lazio) è stata raggiunta a febbraio una intesa sulla Cassa integrazione che coinvolge circa 400 lavoratori.

Metallurgico/siderurgico:

Eurallumina – Si attende una svolta nella vicenda dello stabilimento sardo di Portovesme per quanto riguarda la realizzazione degli investimenti utili alla riduzione dei costi dell’energia, condizione necessaria per permettere ai 530 lavoratori tra diretti e indiretti di passare dalla Cassa integrazione in deroga a quella straordinaria per ristrutturazione, aprendo così una prospettiva occupazionale per gli operai. I maggiori nodi da sciogliere sono quelli riguardanti la produzione di vapore, il piano per la riattivazione degli impianti e gli investimenti.

Alcoa – Dopo il ritiro delle annunciate procedure di mobilità con l’accordo raggiunto il 27 marzo scorso, si è aperto un percorso per la possibile cessione ad altre società dello stabilimento Alcoa di Portovesme. Nella vicenda che riguarda circa mille lavoratori tra diretti e dell’indotto, tra i nodi da sciogliere affinchè possa avvenire la cessione dell’attività ci sono anche i costi delle bonifiche ambientali e quelli dell’energia, oltre alle garanzie occupazionali.

Lucchini – Attualmente alle acciaierie Lucchini della Severstal per i 1.943 lavoratori si è fatto ricorso ai contratti di solidarietà per 12 mesi. I dipendenti lavorano in media 28 ore settimanali, in alcuni casi limite si arriva a 24. L’80% delle 12 ore non lavorate viene integrato dall’Inps e anticipato in busta paga dall’azienda. Per quanto riguarda l’altoforno di Piombino l’azienda ha annunciato la fermata per tutto il mese di agosto e una più breve a dicembre, che con molta probabilità significherà l’apertura della CIG. Anche in questo caso le criticità sono relative agli effetti finanziari e industriali.

Edilizia:

Italcementi – L’azienda ha ritirato le procedure di mobilità per 180 lavoratori annunciate precedentemente, ma ha confermato la chiusura degli stabilimenti di Porto Empedocle e Vibo Marina. Per i 180 lavoratori è stato richiesto il ricorso agli ammortizzatori sociali.

Mobile imbottito: una crisi particolarmente profonda quella che sta investendo il distretto del mobile imbottito della Murgia, tra Matera, Bari e Taranto. Erano 500 le aziende che occupavano 14mila lavoratori oggi sono un centinaio e danno lavoro a circa 6mila addetti, il tutto con un utilizzo della Cassa integrazione che ormai è strutturale (90%). Mercato in frenata, difficoltà nel credito con le banche e un accordo di programma che resta sulla carta: sono questi i maggiori problemi per il settore.

Natuzzi – La Natuzzi di Santeramo (Matera), produttrice di salotti, ha comunicato ai sindacati la volontà di richiedere la Cassa integrazione a zero ore per 1.300 dipendenti (su 2.700 totali), modificando gli accordi sottoscritti a Roma l’ottobre scorso. Inoltre l’azienda vorrebbe ridurre da otto a sei le ore giornaliere di lavoro per tutti i dipendenti in servizio. La motivazione sarebbe una diminuzione della produzione in cantiere. Ad oggi sono 700 i lavoratori in CIG a zero ore, mentre gli altri sono a rotazione.

ICT:

Alcatel Lucent – Dopo aver annunciato 490 esuberi l’azienda ha deciso, grazie alle pressioni del sindacato, di ridurre il numero a 245 su un totale di 2.100 addetti. In particolare verranno salvati gli ingegneri della fibra di Vimercate (Lombardia). Una soluzione che è stata condivisa al Tavolo al ministero tra azienda, sindacati e governo. Tuttavia è ancora da siglare l’accordo finale per il piano di rilancio dell’azienda. Ancora da definire il tema degli ammortizzatori sociali da attivare in un’ottica di reinserimento delle persone e non della fuoriuscita.

Nokia/Siemens – Nokia Siemens Network ha aperto la procedura di licenziamento per 445 dipendenti su 1.104 al lavoro in Italia. La società, attiva nei ponti radio, nelle fibre ottiche e negli scavi per le telecomunicazioni, intende procedere alla risoluzione dei rapporti di lavoro nel minore tempo possibile. Nel dettaglio chiudono le sedi di Catania e Palermo (32 esuberi) e viene ridotto il personale delle altre con 367 tagli a Milano, 40 a Roma e 6 a Napoli. I licenziamenti di Nokia Siemens Network in tutto il mondo riguarderanno 17 mila persone entro la fine del 2013, in linea con quanto annunciato già a novembre. Procedure di mobilità sono già state aperte in Germania, in Francia e in Spagna. In un primo momento l’azienda aveva annunciato 580 esuberi in Italia. I 445 confermati non includono le persone che hanno firmato risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro, che diventeranno effettive entro la fine dell’anno.

Sirti – I sindacati e l’azienda di telecomunicazioni Sirti che si occupa di installazioni telefoniche sono in cerca di un accordo per la gestione dei 1.000 esuberi dichiarati nei mesi scorsi su tutto il territorio nazionale. L’idea sarebbe quella di estendere gli ammortizzatori sociali per rendere meno impattante possibile l’esigenza di contenimento dei costi. I sindacati hanno avanzato diverse proposte, che vanno dai contratti di solidarietà per tutti, ad una maggiore rotazione della Cassa integrazione straordinaria per 12 mesi che attualmente riguarda 622 lavoratori.

Ericsson – Ericsson Telecomunicazioni annuncia licenziamenti collettivi per riduzione del personale a meno di due mesi dall’inaugurazione del sito di Erzelli. L’azienda dichiara di voler risolvere il rapporto di lavoro con 374 dipendenti e avvia la procedura per la collocazione in mobilità di impiegati e quadri in quasi tutte le sedi italiane indicando in ben 94 gli esuberi genovesi (40 addetti all’Area Ricerca e Sviluppo, 28 di Opto Supply e tutti gli altri) che rappresenterebbero un quarto dell’operazione. Sindacati e lavoratori in stato di agitazione.

Auto:

Om Carrelli elevatori (Bari) – Dopo la decisione dell’azienda di cui il gruppo Kion è proprietario, di trasferire la produzione ad Amburgo è stato trovato una accordo tra le parti per la Cassa integrazione per due anni per i 274 dipendenti dello stabilimento di Bari, attualmente già in CIG, incentivi per chi volesse andare via volontariamente e disponibilità al trasferimento a Luzzarra per 25 lavoratori. Lo stabilimento è stato messo a disposizione della regione o degli imprenditori che volessero subentrare alla Om, compresi gli impianti.

Ex Ergom – Lavoratori e sindacati della Ex Ergom di Napoli, indotto plastiche FIAT, chiedono risposte sul futuro lavorativo di 500 dipendenti che non faranno parte di Fabbrica Italia Pomigliano. Non ci sono ancora missioni produttive e altri 250 lavoratori attendono di essere riassunti in FIP per la produzione della Nuova Panda, intanto fra un anno scadrà la cassa integrazione per ristrutturazione.

FIAT – A Mirafiori dopo le giornate di giugno gli enti centrali si fermeranno di nuovo per Cassa integrazione quasi tre settimane. Lo stop interesserà circa 5mila dipendenti, di cui solo 500 operai. La prima fermata sarà dal 30 luglio al 5 agosto, la seconda dal 27 agosto al 2 settembre, seguite da altri 4 giorni a settembre, il 13, il 14, il 20 e il 21. La cassa integrazione annunciata dalla FIAT interesserà anche gli Enti Centrali Powertrain di Mirafiori e Iveco, a Torino e di Balocco (Vercelli). In tutto 1.107 lavoratori, 830 dei quali impiegati e tecnici. Anche a Pomigliano l’azienda ha annunciato una fermata dopo la pausa estiva che andrà dal 20 al 31 agosto. Lo stabilimento di Termini Imerese attende ancora il concretizzarsi del piano di reindustrializzazione, in ballo c’è il futuro di 1468 lavoratori ai quali si aggiungono quelli dell’indotto. Per ora l’unica soluzione trovata è quella per gli ‘esodati’, si attende la proroga della Cassa integrazione straordinaria per i dipendenti FIAT e le tutele per i lavoratori dell’indotto.

Irisbus – Ancora incertezze sullo stabilimento Iveco Irisbus della Valle Ufita e sul futuro dei 658 lavoratori interessati. Nessuna rassicurazione sulle possibili opzioni di vendita né sulla ricollocazione del personale come sottoscritto nell’accordo tra azienda e sindacati lo scorso dicembre. L’accordo prevedeva infatti la trasmigrazione di almeno il 30% degli addetti, pari a 197 unità entro fine anno, pena il mancato accesso alla seconda annualità di CIGS a zero ore. Al momento sono state ricollocate in altri stabilimenti del gruppo FIAT 29 persone, 21 sono andate in mobilità volontaria, 120 lavoratori sono ‘esodati’. A questi si aggiungono altri 47 posti che l’azienda riesce ad offrire (35 a Bolzano, 2 a Jesi, 5 a Modena e 5 in Francia) e altri 10 posti a Foggia.

Bredamenarinibus – Rischia di chiudere definitivamente la Bredamenarinibus di Bologna che attualmente tiene in Cassa integrazione da sei mesi 260 lavoratori su un totale di 290. L’azienda è stata messa in vendita da Finmeccanica già da tempo.

Lear di Grugliasco (componenti auto) – Scongiurati gli esuberi è stato firmato l’accordo per la Cassa integrazione per un anno alla Lear di Grugliasco che impiega 430 lavoratori. L’accordo prevede un anno di CIG per riorganizzazione a partire dal 5 luglio e la disponibilità dell’azienda a prolungarla per un altro anno. Dunque non ci saranno esuberi a parte le 140 persone che hanno già deciso di lasciare il posto di lavoro. Oggi l’azienda produce sedili per la linea Musa Idea di Mirafiori e ha già acquisito le commesse per la Maserati.

Ferroviario:

Finmeccanica – Il gruppo ha annunciato la volontà di voler dismettere un gran numero di società in Italia. Il piano di dismissioni della holding prevede: la cessione di Ansaldo Breda, la vendita di Ansaldo Sts e una quota che il gruppo detiene in Ansaldo Energia. Un piano che colpisce gravemente la regione Liguria dove ci sono 7.400 lavoratori diretti e 5mila dell’indotto Finmeccanica.

Ansaldo Breda – Procede il piano di risanamento per Ansaldo Breda, controllata di Finmeccanica che versa in una situazione molto difficile. Da inizio anno sono stati tagliati 164 posti tra cui 18 dirigenti e stabilizzati 74 interinali.
Simmi – I 230 lavoratori della Simmi di Acerra, azienda dell’indotto Ansaldo Breda che produce armadi di carpenteria e cablaggi elettrici per il comparto ferroviario, rischiano la mobilità e il licenziamento. Il 31 agosto scade infatti la Cassa integrazione straordinaria e se non ci saranno risposte da parte dell’azienda gruppo Finmeccanica si aprirà uno scenario drammatico. Intanto, i lavoratori hanno saputo dell’assegnazione di alcune commesse legate ai vertici di Ansaldo Breda a due società in provincia di Caserta.

Agroindustria:

Parmalat – Il Gruppo ha presentato il 4 luglio scorso un piano industriale di ristrutturazione che prevede la chiusura dei tre siti produttivi di Genova (63 dipendenti), Como (9 dipendenti) e Pavia (circa 20 persone) e l’esubero di 30 lavoratori a Collecchio, per un totale di 120 esuberi dichiarati. Inoltre Lactalis società proprietaria di Parmalat Italia ha previsto un investimento di soli 60 milioni di euro da distribuire sui 9 stabilimenti che rimarranno attivi. Lavoratori e sindacati sono in stato di agitazione.

Cargill – La multinazionale americana ha annunciato un programma di ristrutturazione che prevede chiusure e licenziamenti su tutto il territorio nazionale. La chiusura dello stabilimento di San Felice sul Panaro (Modena) e di Vigonza in Veneto (24 licenziamenti), il trasferimento di 30 lavoratori da Milano a Fiorenzuola e la chiusura di uno tra gli stabilimenti di Termoli e Melfi. Attualmente è aperto un tavolo al ministero per discutere le soluzioni.

Elettronica:

Videocon – Il Tribunale di Frosinone ha dichiarato il fallimento della Vdc Technologies di Anagni, ex leader mondiale nella produzione di cinescopi passata sette anni fa dai francesi Thompson agli indiani Videocon. Sono 1.350 i lavoratori a rischio e attualmente in Cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale fino a dicembre.

Ceramica:

Richard Ginori – La storica manifattura di porcellane di Sesto Fiorentino è stata messa in liquidazione a causa della grande mole di debiti, ora il termine per la cessione sta per scadere. Il 31 luglio infatti lo stabilimento chiuderà i battenti per cessata attività e il 23 luglio sono state avviate le procedure per attivare la Cassa integrazione straordinaria per circa 337 lavoratori (80 impiegati e 257 operai). L’unica speranza è il concretizzarsi della vendita, al momento sono tre le aziende interessate: la piemontese Sanbonet, l’americana Lenox e una cordata di imprenditori del Nordest.

Tessile/Moda:

Eco Leather – L’azienda ha deciso di delocalizzare il reparto taglio trasferendolo da Monopoli (Puglia) in Romania. Sono a rischio 90 lavoratori. Intanto è saltato il tavolo di trattativa tra sindacati e azienda per la gestione degli esuberi, i lavoratori sono in stato di agitazione.

Miroglio – Per gli oltre 200 lavoratori della Miroglio verrà revocata la mobilità e scatterà un’ulteriore deroga per sei mesi di Cassa integrazione, fino al 31 dicembre. Si tratta dell’ultima deroga possibile alla fine della quale scatterà inevitabilmente la mobilità. L’azienda si è resa disponibile a garantire per un periodo di 18 mesi la ricerca di eventuali nuove opportunità imprenditoriali in grado di effettuare la riconversione degli stabilimenti di Ginosa e Castellaneta garantendo la salvaguardia dell’occupazione; incentivi all’esodo e dopo i 18 mesi prestabiliti l’azienda si è detta disponibile a cedere a titolo gratuito i due siti industriali all’ente pubblico che ne farà richiesta.

Safilo – E’ stata firmata l’ipotesi di accordo tra azienda e sindacati sulla gestione degli esuberi. Safilo, impresa produttrice di occhiali, ha annunciato nei mesi scorsi il nuovo piano industriale che prevedeva, a causa del mancato rinnovo della licenza Armani passata alla Luxottica, quasi mille esuberi su tutto il territorio nazionale: 550 addetti in Veneto nello stabilimento di Longarone; 350 nella sede di Santa Maria di Sala (Venezia) e 100 a Padova. L’accordo prevede: l’introduzione del contratto di solidarietà al posto degli 886 tagli iniziali a partire dal prossimo autunno o comunque entro la fine del 2012 per 24 mesi; il recupero di parte della produzione attualmente delocalizzata all’estero e un solido piano di rilancio.

Golden Lady/Omsa – Il gruppo ha deciso di trasferire la produzione in Serbia chiudendo gli stabilimenti in Italia e lasciando a casa tantissime lavoratrici. Lo storico stabilimento Golden Lady di Gissi (Chieti) è passato al gruppo marchigiano Silda (Del Gatto) e New Trade di Prato. Il primo operante nel settore delle calzature di lusso riassumerà 250 dipendenti, mentre il secondo che si occupa di abbigliamento usato e vintage ne assorbirà 115. Le assunzioni sono partite il 1° luglio, così come i corsi di formazione on the job per le 250 future lavoratrici Silda che hanno ottenuto 24 mesi di Cassa integrazione per ristrutturazione. Alla OMSA di Faenza la riconversione è prevista entro settembre da parte della Atl group (da filati a complementi di arredo) e dovrà produrre divani per la committente Poltronesofà. Il piano prevede la riassunzione di 140 lavoratrici delle 225 dell’ex Omsa attualmente in CIG.

Servizi:

Poste Italiane – Il progetto di riorganizzazione presentato nei mesi scorsi da Poste Italiane riguarderà cinque regioni: Toscana, Piemonte, Marche; Emilia Romagna e Basilicata. Il piano prevede il taglio di 1763 posti nei settori ‘operazioni e recapito’ e il ridimensionamento dei CMP (centri di meccanizzazione postale) di Pisa e Novara. Razionalizzazioni anche a Potenza. Per i sindacati si tratta di un piano inaccettabile. Inoltre, per quanto riguarda il premio di risultato è stato sottoscritto un accordo separato (no CGIL e CISL) che non riconosce il compenso di 140 euro alle donne in congedo di maternità.

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