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Lavoro: CGIL a Monti, parlare di troppe tutele sbagliato e offensivo

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Febbraio 5, 2012

 Lavoro: CGIL a Monti, parlare di troppe tutele sbagliato e offensivo

 

 Quadro drammatico ma premier suggerisce di non investire. Secondo la CGIL negli interventi sulle pensioni non c’è niente e manca un piano per il lavoro. Perché cali la precarietà c’è bisogno di forti interventi altrimenti si amplierà la cosiddetta apartheid, come il presidente ha definito nei giorni scorsi la condizione dei giovani

 

  03/02/2012 da www.cgil.it

“Al presidente del Consiglio Monti piacciono evidentemente gli esempi estremi ma parlare di troppe tutele per chi è ‘blindato nella sua cittadella’ è non solo sbagliato, e non vero, ma anche un pò offensivo verso quei lavoratori”. E’ quanto afferma il Segretario Confederale della CGIL, Fulvio Fammoni, in replica alle parole di oggi del premier sui temi del lavoro.

“Conosce il presidente Monti la condizione reale del lavoro? In tre anni – osserva il sindacalista – abbiamo perso centinaia di migliaia di posti di lavoro. Un lavoratore su tre è stato soggetto ad ammortizzatori per problemi nella sua azienda. La recessione minaccia nel 2012 una nuova raffica di licenziamenti. Con questo quadro drammatico il presidente che fa? Dichiara che l’articolo 18 scoraggia gli investimenti in Italia, suggerendo ai capitali di non investire”.

Secondo il dirigente sindacale “dare lavoro e diritti ai giovani è l’obiettivo di tutti, ma cosa fa per loro il governo? Negli interventi sulle pensioni non c’è niente e manca un piano per il lavoro. Gli 8 miliardi che dovrebbero arrivare dalla UE si tramuteranno poi in un piano per l’occupazione giovanile stabile? E come? Perché cali la precarietà c’è bisogno di forti interventi altrimenti si amplierà la cosiddetta apartheid, come il presidente ha definito nei giorni scorsi la condizione dei giovani. O invece l’ipotesi è quella di far calare i diritti di tutti, giovani compresi, per parificarli al ribasso? Tesi non certo nuova in Italia e che ha creato molto dell’attuale precariato”, conclude Fammoni.

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