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Camusso, una patrimoniale per gli investimenti e da Marchionne aspettiamo i fatti

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Agosto 9, 2012

Camusso, una patrimoniale per gli investimenti e da Marchionne aspettiamo i fatti

In una intervista al quotidiano ‘la Repubblica’ il Segretario Generale della CGIL affronta i temi caldi di questi giorni: l’operato del Governo con la riforma delle pensioni e la spending review, ma anche la presenza della FIAT in Italia e la vicenda dell’Ilva di Taranto. Per la leader della CGIL per uscire dalla crisi bisogna “smetterla con gli annunci” ma lavorare ad “un patto per il lavoro finanziato da una patrimoniale e l’utilizzo dei fondi della Cassa depositi e prestiti non solo per comperare quote necessarie a ridurre il debito, ma anche per spingere agli investimenti industriali”

09/08/2012 da www.cgil.it

«Bene, il governo ci è arrivato, ora però non si limiti alle denunce e faccia quello che ci si aspetta da lui: agisca. Fatti, non lamentele». Per Susanna Camusso, leader della CGIL, è buona cosa che il ministro del Lavoro Elsa Fornero abbia parlato di «autunno non facile», ma ora serve un’ammissione di responsabilità e un rapido «cambio di rotta».

Responsabilità: il ministro dice che la politica ne ha solo in parte e che le ragioni della crisi vanno cercate anche nelle scelte delle banche e delle imprese. È così?
«Sicuramente la mancanza di credito e di investimenti hanno avuto un peso importante. Ma conta anche il fatto che fino ad ora, questo esecutivo, ha proposto solo rigore, ha percepito la crisi esclusivamente in termini di bilanci e di finanza. Non si è accorto che la prima emergenza era il lavoro e con le sue scelte ha accelerato la corsa alla recessione. Siamo contenti che ora abbia realizzato quali siano le priorità, l’importante e che non si limiti alle lamentele. Da un governo ci si aspetta altro: deve agire».

Voi cosa proponete?
«Un patto per il lavoro finanziato da una patrimoniale e l’utilizzo dei fondi della Cassa depositi e prestiti non solo per comperare quote necessarie a ridurre il debito, ma anche per spingere agli investimenti industriali».

Il ministro, parlando della crisi, non ha però citato il sindacato: è un segnale di distensione nei vostri confronti o la dimostrazione che – con la riforma delle pensioni e quella del lavoro già approvate – vi ritiene ormai sotto controllo?
«Non ci ha citato perché non poteva farlo: avrebbe dovuto ammettere che noi queste cose le avevamo già capite quattro anni fa. E’ da allora che sappiamo qual è la realtà, il governo sembra essersene accorto solo adesso. Fino ad ora sulla politica industriale questo esecutivo ha avuto un atteggiamento uguale a quello dei precedenti: assenza totale».

Adesso però c’è una svolta: il governo, per esempio, intende incontrare i vertici della Fiat entro il mese. La CISL si considera rincuorata di questa possibilità, anche voi lo siete?
«Sarò rincuorata solo quando vedrò che l’azienda investe, per adesso non vedo nulla».

E cosa si aspetta che faccia il governo?
«Quello, per esempio, che fece l’esecutivo tedesco quando la Fiat cercava un accordo con la Opel. Intervenga, chieda, controlli, produca opportunità, decida se possiamo permetterci o meno di uscire dal settore auto. Pensi, per esempio, a creare le condizioni affinché in questo Paese possa venire qualcun altro a produrre, creando concorrenza».

Sempre restando in tema grandi industrie, cosa ne pensa della sentenza sull’Ilva? E delle contestazioni contro di voi? Perché è stato necessario l’intervento della magistratura per parlare di salute e lavoro, non ci doveva pensare il sindacato?
«La sentenza è importante ed equilibrata, stabilisce il principio che salute e lavoro non devono mai essere messi in contrapposizione. L’intervento della magistratura è stato sacrosanto, ma non si dica che il sindacato è stato a guardare. Si può sempre fare di più, ma noi a Taranto ci siamo sempre stati e abbiamo lavorato in una città spaccata in due. La situazione era difficile, in questi casi è normale che ci siano anche le contestazioni».

A Taranto è tornata alla ribalta la voce degli operai. Anche il ministro Fornero ha parlato della necessità di rivalutare la dignità della categoria. Che ne pensa di questo proposito?
«Bene, sono contenta che il governo si accorga degli operai e ne riconosca il ruolo. Ma, anche qui, ora, mi aspetto un cambio di rotta perché le riforme finora fatte da questo esecutivo hanno contribuito a togliere loro dignità. Sembrava che fossero gli operai, il loro «costo», i loro diritti, la causa principale della crisi: parlo della legge sulle pensioni e sul lavoro, del disastro che il governo è stato capace di fare sul caso esodati. Parlo dell’assenza di equità anche nella spending review, che confonde lavoro e burocrazie e che pensa che, per risanare i conti, basti tagliare posti».

 

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