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Camusso: ‘Il lavoro irrinunciabile’

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Febbraio 26, 2013

Camusso: ‘Il lavoro irrinunciabile’

Con un articolo pubblicato su ‘l’Unità’ domenica 24 febbraio la leader della CGIL anticipa il libro di Pippo Russo ideato dalla CGIL Toscana. Venti storie più una di precarietà in Toscana: “leggendo questi racconti, troviamo tante ragioni in più per parlare di lavoro; raccontare queste storie ci indica la strada, ma restituisce, come è giusto che sia, anche il giusto rispetto, attenzione, ai tanti, troppi, che si sentono invisibili”

26/02/2013 da www.cgil.it

‘Vite in bilico. Venti storie (più una)’ è il titolo del libro di Pippo Russo che raccoglie venti storie più una di precarietà ambientate in Toscana, si tratta di una inchiesta dura che dipinge uno spaccato del Paese con tutti i suoi drammi e con la sua dignità. Il segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso nei giorni scorsi con un articolo ‘Il lavoro irrinunciabile’ pubblicato sul quotidiano ‘l’Unità’ ha anticipato il lavoro.

Di seguito riportiamo l’articolo completo di Susanna Camusso.

TANTE STORIE DI LAVORO VENGONO RACCONTATE IN QUESTO BEL LIBRO CURATO DA PIPPO RUSSO SU UN’IDEA DELLA CGIL TOSCANA. La prima, immediata considerazione, è la distanza tra i percorsi, spesso difficili e dolorosi delle persone, ed il dibattito che continua ad articolarsi per dichiarazioni sul posto fisso, sui troppi diritti, sulla divisione nel mercato del lavoro.

Tanti ritornelli che indicano come non si conosca più il lavoro, non ci sia più una cultura del lavoro, non si senta l’esigenza di studiare il lavoro, ma ciò nonostante si propongano, a partire dai tecnici e professori, ricette che ignorano la realtà, le contraddizioni, i problemi e le scelte.

Una distanza enorme tra la difficile quotidianità e l’approccio accademico. Ritornelli che, collocati nella più lunga crisi che il nostro paese abbia mai conosciuto, rendono ancor più evidente la distanza e l’inadeguatezza delle scelte normative rispetto ai problemi del Paese e dei lavoratori.

Le tante storie di questo libro hanno il merito di far raccontare lavoratrici e lavoratori di tante diverse età, di tanti diversi lavori, nelle diverse città Toscane.

Ancora tante storie che attraversano il lavoro pubblico e quello privato, che narrano dei percorsi, dei desideri, delle competenze ed ambizioni lontane dal lavoro che si trova. E la delusione profonda quando dopo tanta competenza, professionalità, dedizione ci si ritrova soltanto un numero che si può cancellare.

Tante storie che descrivono come il Paese cambi e non è detto in meglio, professioni che spariscono insieme a fabbriche e produzioni, senza che ci si domandi come creare nuovo lavoro «buono».

A che Paese si pensa? I protagonisti dei tanti racconti sul lavoro reagiscono alle affermazioni sul posto fisso sentendosi traditi, ma forse anche di più, percependo che la loro vita, la loro condizione (e non sono certo casi isolati) è sconosciuta a chi parla di loro.

Ma fermarsi a questo sarebbe la conferma di un giudizio che la CGIL ha tante volte espresso, sarebbe ripercorrere le ragioni delle tante nostre mobilitazioni, degli scioperi, delle lotte, del confronto pubblico spesso anche aspro.

Certo, ripercorrendo tutto questo con la forza del racconto concreto, della dura realtà. Ma fermarsi a questo sarebbe ingeneroso verso tutte e tutti gli intervistati che, anche soffrendo e commuovendosi, ci porgono la violenza, il senso di vuoto, la volontà e necessità di ricostruire un senso di sé, di cosa fare dopo e ripropongono il tema del lavoro per ogni persona: dimensione di vita, di speranza di necessità.

La grande ricchezza del lavoro è il grande assente del dibattito pubblico del nostro Paese, si è preferito semplificare, tradurre tutto in slogan.

In un gioco degli specchi dove si rovesciano le responsabilità si preferisce catalogare come antico un lavoro, una produzione, un modo di lavorare, invece che interrogarsi sul perché non si è da lungo tempo immaginato un progetto per il Paese, un progetto che sappia che non c’è all’orizzonte la fine del lavoro, non c’è la sostituzione del lavoro con il «denaro» che si autoriproduce, non c’è infine orizzonte nella moltiplicazione delle diseguaglianze. Ed ancora non c’è futuro se non si torna a ragionare sul peso e valore del lavoro per ognuno e come questo determini identità, dignità, realizzazione.

Quindi come il lavoro intrecci le tante sfere, di attività, di scelte, di emozioni che formano la identità plurima di ognuno. Il lavoro architrave del singolo, quindi della società. A questa solitudine del lavoro, alla necessità di restituirne la centralità, la CGIL risponde proponendo il «Piano del Lavoro».

Creare, difendere, qualificare il lavoro, in definitiva un’idea di futuro.

Leggendo questi racconti, troviamo tante ragioni in più per parlare di lavoro; raccontare queste storie ci indica la strada, ma restituisce, come è giusto che sia, anche il giusto rispetto, attenzione, ai tanti, troppi, che si sentono invisibili.


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