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Camusso, ultimatum al governo: giù le tasse sul lavoro. Subito

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Febbraio 12, 2014

Camusso_2Camusso, ultimatum al governo: giù le tasse sul lavoro. Subito

12/02/2014 da www.cgil.it

“Non c’è più tempo, è ora di agire” è il messaggio lanciato dal Segretario Generale della Cgil nell’intervista pubblicata oggi sul Quotidiano Nazionale. Susanna Camusso ha in mente un orologio, che scandisce ossessivamente i minuti: «Non c’è più tempo, occorrono scelte subito», dice il segretario della Cgil rivolgendosi al governo.

Segretario, la allarma di più la ripresa incerta e faticosa o la fase politica cosi aggrovigliata?

«Sono preoccupata per la più lunga e grave crisi che si sia mai vista dal dopoguerra e che ha effetti sempre più profondi nella nostra società. E sono preoccupata per una politica che non sembra in grado di compiere le scelte adatte a contrastarla. Il governo Berlusconi per anni non ha riconosciuto la crisi, anzi diceva che non c’era. Il governo Monti ha fatto di tutto e di più per peggiorare le condizioni del Paese. L’attuale governo annuncia, ma non riesce a mettere in pratica i provvedimenti necessari. L’Europa continua con una sbagliata politica di austerità. Non c’è un problema di un prima e un dopo, c’è una drammatica questione di tempo. Occorrono scelte immediate invece il governo è immobile».

Letta ha annunciato che nelle prossime ore presenterà il patto di coalizione. Cosa si aspetta?

«So cosa non deve essere: non deve essere il replay delle 3 occasioni in cui si è già presentato in Parlamento. Qualunque sia il governo la nostra richiesta è di mettere al centro il lavoro».

II presidente di Confindustria Squinzi si dice terrorizzato per la situazione economica, lei parla spesso di situazione drammatica. E un accerchiamento di Letta?

«Da tempo le parti sociali hanno provato a individuare alcuni punti comuni per rilanciare il Paese. Abbiamo indicato la riduzione della tassazione su lavoro e imprese, la politica industriale: non è seccesso nulla. Anzi, ci hanno detto che avevamo ragione, che avrebbero fatto quanto da noi chiesto e poi ci hanno preso in giro».

Meglio se Letta lasciasse?

«Non spetta a noi dirlo. Le modalità con cui si risolve l’oggettiva crisi di funzionamento del governo le scelgono le forze politiche e il Parlamento. L’importante è che decidano. Come dimostrano gli ultimi dati Istat, la situazione del lavoro, la disoccupazione, la precarietà, le ristrutturazioni aziendali, continuano a peggiorare. Tra pochi mesi dovremo applicare il fiscal compact, senza scelte sarà una mannaia sui redditi. Questo Paese non è in grado di reggerlo».

Secondo lei sarebbe meglio affidare il governo al più decisionista Renzi?

«Per noi non è un problema di personalità. Non credo che le situazioni dipendano dal carattere delle persone. Poi, decisivo è il ruolo del Parlamento. Occorre un bagno di realtà: compiere scelte e indicare strategie per uscire dalla crisi».

Le elezioni ci darebbero un quadro più chiaro?

«Va detto che il ricorso alle urne è un fatto democratico. Se non ci sono altre strade non si possono evitare a ogni costo. Le forze politiche hanno spiegato che la legge elettorale va cambiata, sarebbe bizzarro se ora, senza una nuova legge, tornassero a punto e a capo. Insisto: non c’è tempo non ci sono vie di fuga. E’ responsabilità della politica indicare le cose da fare, non fuggire. Il loro compito ora è dire al Paese come uscire dalla crisi e come dare una prospettiva di sviluppo all’Italia. Occorre decidere cosa mettere al centro e su questo concentrare tutte le risorse e tutte le energie».

E’ la prima volta che una categoria entra in aperto contrasto con la Cgil. Perché sono così tesi i rapporti con la Fiom di Landini?

«Tutti i grandi accordi che hanno portato forti cambiamenti, hanno provocato dei conflitti e delle resistenze, ma in passato i contrasti attraversavano più categorie. Ora invece si concentrano nella Fiom. Va detto che i metalmeccanici sono stati oggetto di esclusione dai contratti e i lavoratori manifatturieri hanno risentito moltissimo della crisi. Questo può aver favorito una chiusura difensiva al cambiamento. Le ragioni vanno comprese, l’assenza di regole indeboliva la funzione del sindacato che è la contrattazione senza la quale non è possibile migliorare le condizioni dei lavoratori».

Come giudica l’asse Renzi Landini?

«Non so se ci sia un asse, vedo però il rischio di commettere da parte sindacale un errore straordinario: trasferire dentro la Cgil il modello della politica. Dall’altra favorire il disegno, questo sì preoccupante, di indebolire le forze sociali e il ruolo di rappresentanza e di cambiamento sociale del sindacato. C’è molta superficialità nell’immaginare sodalizi o alleanze. A Renzi do comunque atto di aver messo la questione lavoro al centro. Vuole fare una legge sulla rappresentanza sindacale? Ottimo, sono anni che la Cgil lo chiede e le regole definite con Confindustria rappresentano un grande contributo per ottenere quella legge».

Si ha la sensazione che il peso del sindacato nel determinare le scelte politiche sia inferiore al passato. E’ così?

«Innanzitutto c’è stata una esplicita offensiva sul ruolo del sindacato. La politica negli anni si è esercitata molto mentre le controparti agivano scegliendo con chi fare gli accordi. Senza unità il sindacato è più debole. In questa stagione è difficile individuare l’elemento capace di rappresentare tutti. In una lunga fase la soluzione per il cosiddetto operaio-massa rappresentavano l’indicatore di un miglioramento per tanti. La frantumazione,  la complessità del sistema produttivo, la precarietà rendono oggi più difficile trovare soluzioni unificanti. In realtà sul territorio la situazione è assai diversa da quella che appare mediaticamente».

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